L’Etruria

Redazione

Deserto Camucia

Quando più avvampa l'ora i camuciesi fuggono o si rinchiudono in casa

Deserto Camucia

Come mostrano le due foto scattate oggi alle due e poi ripetute alle tre, alle quattro e alle cinque, cioè nel clou del bollore estivo nel centro di Camucia non vi era o vi transitava anima viva. Silenzio, afa e cappa di calore avvolgevano in maniera davvero eccezionale, quasi da deserto del Sara, il centro abitato che normalmente è un vero e proprio via vai di macchine, mezzi e persone. Anche nei bar poche persone a rinfrescarsi.

Sono passato per la rotondina quattro volte e sempre la stessa scena di deserto ho trovato. I camuciesi  si erano rinchiusi in casa o erano migrati altrove alla ricerca di refrigerio.

Al modesto cronista l'onere di documentare quest'ondata di grande caldo che ha invaso anche le nostre terre cortonesi. L'ho fatto con quattro passaggi in macchina e tutte e quattro le volte il termometro segnava quarantadue. Sceso dalla macchina per scattare le foto ho constatato che l'asfalto ribolliva e si respirava davvero male. Di certo non è la prima estate così rovente e non sarà l'ultima.

Nel volumetto "Evaristo Baracchi Poeta" l'allora giovane professore cortonese  nell'estate 1946  così scriveva del caldo di quell'agosto:  Che afa!/ Che fiacca!/ Anche la penna è stracca/ Uffa!

Oggi non c'è più la penna, ma pure il mio smartphone è stracco e constato che se lo tengo troppo al sole mi si squaglia e allora anch'io, come tanti altri, me la sono squagliata migrando all'ombra e al venticello di Portole.

Ivo Camerini