L’Etruria

Redazione

Le omelie del Vescovo Andrea Migliavacca alla messa mattutina e alla messa in Coena Domini del Giovedì Santo

Le omelie del Vescovo Andrea Migliavacca alla messa mattutina e alla messa in Coena Domini del Giovedì Santo

Giovedì Santo : Messa mattutina cresimale

Inizieremo questa sera, con la Messa in Coena Domini il triduo pasquale nel quale vivremo il
mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù, nostro Signore. Celebriamo la Pasqua che è
sempre un rinnovato annuncio di vita, di pace, di speranza.
La celebrazione della Messa Crismale che stiamo vivendo è come una sorta di portale santo che ci
introduce nel triduo unico di tutto l’anno liturgico.
E’ un portale che ha come colonne la Parola di Dio e la parola di noi sacerdoti che rinnoveremo le
promesse del giorno della ordinazione, cioè l’obbedienza e il senso profondo del nostro servizio di
preti nella comunità, per la gente.
Attorno a questo portale che stiamo celebrando si sente il profumo degli olii santi (per i catecumeni,per i malati, per i cresimandi e coloro che saranno ordinati sacerdoti) che verranno benedetti perché,accolti solennemente questa sera nelle nostre comunità, possano essere il segno della grazia dei sacramenti, presenza del Risorto in mezzo a noi.
E questo portale ci introduce nel nostro essere comunità, famiglia, Chiesa, radunati qui i sacerdoti e i diaconi con il vescovo e una parte del popolo di Dio, cioè la Chiesa che celebra e annuncia il suo Signore, il vivente.
Vivo con voi, con tutta la chiesa diocesana per la prima volta, come vostro vescovo, questa Pasqua
e oggi questa Messa crismale. Saluto tutti voi sacerdoti e diaconi che siete qui, saluto i vescovi
presenti e tutta l’assemblea e auguro che possiate vivere con intensità e fede questo triduo pasquale.
Non nascondo la commozione di essere con voi in questa occasione e sentirmi, indegnamente,
pastore di questa comunità. Con voi e per voi rendo lode al Signore, affidando me e tutti voi alla sua misericordia.
Festeggiamo anche gli anniversari…
E ricordiamo i sacerdoti defunti in questo anno…
Sto vivendo in queste prime settimane del mio ministero episcopale nella diocesi aretina-cortonese-biturgense tanti incontri. Vedo volti che pian piano imparo a conoscere e ad amare.
In particolare penso ai volti di voi sacerdoti. Non vi conoscevo, fino allo scorso novembre e da
allora ho cominciato a vivere l’avventura della scoperta dei volti, i vostri. Ci sono stati incontri
personali, altri nelle celebrazioni liturgiche, tra cui ricordo il mio ingresso il 27 novembre e la
Madonna del Conforto, altri ancora più approfonditi nelle zone pastorali che completeremo dopo la
Pasqua.
Sto imparando a conoscere e riconoscere i volti e insieme i luoghi dove voi vivete il vostro
ministero.
E’ una avventura importante quella di scoprire i volti, riconoscere i volti.
“Tornino i volti” è anche un bel libro di Italo Mancini. Si tratta di riconoscere i volti, di far tornare i volti, la bellezza dei volti nella nostra vita e nelle dinamiche della Chiesa, della diocesi.
Il vostro viso carissimi sacerdoti è un riassunto della vostra vita. Nel viso è racchiusa la storia di
tutti voi, chi vi ha dato la vita, le preoccupazioni che lasciano il segno e le tracce delle gioie che
avete vissuto; nel volto si specchiano anche i tratti dei tanti affetti e legami belli di famiglia, di
amicizia, di accoglienza, di prossimità. Il volto è riassunto di una vita… ed è il modo con cui
incontriamo gli altri, e comunichiamo cosa abbiamo nel cuore.
Sto imparando a conoscere i vostri volti, cari amici preti. Si tratta per me di riconoscervi anzitutto,
di scoprire anche i luoghi e le comunità che voi servite, ma soprattutto si tratta di accogliere la
vostra storia di vita, quello che avete nel cuore, il vostro cammino, gioie e paure, ansie e speranze.
Conoscere il volto, incrociare gli sguardi, riconoscere… e poi accogliere, ascoltare, accompagnare,
condividere e… amare. E’ questo il cammino che chiedo oggi come dono del Signore per me. Gli
chiedo di regalarmi il vostro sguardo, il vostro volto e di poter vivere l’intensità dello sguardo di
Gesù che a quell’uomo che voleva seguirlo disse: Fissatolo, lo amò.

Anche voi, cari amici preti, avete imparato a conoscere e scoprire il mio volto. Anch’esso racchiude una storia, affetti, speranze, magari fatiche, consolazioni… certo ho potuto sperimentare, e vi ringrazio, la vostra accoglienza nell’incontrare il mio volto, la mia vita in mezzo a voi.
L’avventura della scoperta dei volti potrebbe riassumere anche il cammino di Chiesa e in
particolare il cammino sinodale a cui siamo chiamati. Vedo e cerco i volti dei ragazzi che hanno
ricevuto o riceveranno la cresima, quelli delle famiglie che sto conoscendo, quelli di tanti giovani,
tanti, incontrati anche nelle scuole curiosi di vivere nuovi incontri e poi i volti degli ammalati, di chi è in ospedale, dei carcerati (che ho incontrato ieri e che saluto). Cercare e accogliere i volti e la vita della Chiesa ed è camminare insieme, con stile sinodale, per accogliere e annunciare la bellezza del vangelo e la notizia sorprendente che il Signore è risorto, è vivo, è in mezzo a noi e ha vinto la morte.
Guardandovi, cari fedeli, posso dire: che Dio vi benedica, che sorrida a ciascuno di voi e sia dono di amore.
La pagina di vangelo che è stata proclamata lascia intravvedere anche per Gesù l’avventura di
questo incrociare sguardi e cercare volti.
Potremmo dire così: Gesù cerca il volto dei poveri a cui portare il lieto annuncio, quello dei
prigionieri a cui annunciare la liberazione, quello dei ciechi a cui dare la vista, quello degli oppressi per rimetterli in libertà e altre pagine del vangelo ci raccontano che Gesù cerca il volto dei malati, dei peccatori, dei suoi nemici, e anche quello degli apostoli, degli amici, delle donne e di Maria, sua Madre.
Oggi e in questa Pasqua Gesù cerca anche il nostro volto… Lasciamoci guardare da lui così come
siamo. Lasciamoci guardare e amare da Gesù col volto di oggi: lieto, riconoscente, oppure deluso,
affaticato e stanco, confermato nella fede o abitato da tante domande e dubbi, un volto con le rughe
di qualche dolore e sofferenza oppure capace di custodire ancora la delicatezza della giovinezza, di
un cuore che rimane libero.
Che volto hai oggi caro amico prete? E tu ragazzo che ti prepari a ricevere la cresima? E te, nonna,
genitore, amico… che volto hai? Cosa abita il tuo viso, la tua vita oggi? E… lasciati cercare,
guardare e amare da Gesù. Egli cerca il tuo volto oggi, proprio quello lì che hai e che tutti vediamo
in chiesa… e Lui, guardandoti, ti ama, ti accoglie, ti risolleva, ti conforta, ti benedice, ti dà vita
nuova e speranza.
Celebrare la Pasqua per tutti noi sarà vero solo se gli occhi di Gesù vedranno e potranno entrar
dentro le forme del nostro viso.
Ma c’è ancora un passo da fare. C’è una chiamata, un invito… Ed è quello di cercare anche noi il
volto di Gesù. Il vangelo dice: “Gli occhi di tutti erano fissi su di Lui”. E il salmo 26 così recita: Di
te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il
tuo volto.
Dobbiamo cercare il volto di Gesù, fissare gli occhi su di Lui.
Il vangelo proclamato, come anche la profezia di Isaia, ci danno chiari indizi per trovare il volto di
Cristo: poveri, prigionieri, ciechi, oppressi… malati, peccatori, abbandonati ed esclusi, migranti,
coloro che sono nella guerra… In loro vediamo il volto di Cristo, e solo facendoci carico della loro
vita di miseria e di povertà, di esclusione e di sofferenza possiamo accogliere il volto del Signore, il Maestro.
Cercare il volto del Signore vorrà dire anche essere attenti al volto del nostro confratello,
comprendere cosa vive, quali sofferenze può avere, quali domande, e quindi quale ascolto e
vicinanza ci possiamo reciprocamente regalare. Così cercheremo davvero il volto di Cristo e
potremo fissare lo sguardo su di Lui. E vivere in questo modo, autenticamente, la sequela.
Gesù, col suo volto e la sua vita darà profumo alla nostra vita sacerdotale e al nostro ministero,
come il crisma, olio profumato col nardo e il bergamotto, può riempire una sala intera col suo
profumo, può riempire una vita intera.

Cerchiamo cari amici il volto degli altri…, cerchiamo il volto di Cristo e lasciamoci guardare da Lui e forse ci capiterà, come vi auguro, di sentire che vi viene regalata una carezza. Sia il dono di questa Pasqua per tutti noi.

Giovedì Santo : Messa vespertina in Coena Domini

Viviamo questa intensa celebrazione in Coena Domini, memoria della Nuova Alleanza con Dio, del dono del sacerdozio ministeriale e della permanente presenza del Risorto nell’Eucaristia che ci viene raccontata nella scena dell’ultima cena nella lettera di Paolo ai Corinzi e nella scena della lavanda dei piedi nel vangelo di Giovanni. Sacerdozio, Eucaristia, Alleanza, Servizio… sono lecoordinate di questa celebrazione e del momento che viviamo da contemporanei al dono di vita di Gesù, contemporanei attorno a quella tavola del pane e del vino donati e della lavanda dei piedi.

La Parola di Dio pone attenzione nelle letture proclamate al vestito, a quali abiti devono essere indossati per vivere un momento così solenne.

La prima lettura che racconta la prima Pasqua ebraica, quella della notte di liberazione dall’Egitto, racconta che il pasto che gli israeliti devono prendere, prima del passare del Liberatore, deve essere assunto con questo vestimento: “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano”.

Nell’ultima cena, ci racconta Paolo nella seconda lettura, Gesù dona, nel pane e nel vino, il suo corpo e il suo sangue, racchiudendo nel corpo e nel sangue tutta la persona di Gesù. Non c’è vestito che si frapponga al corpo donato e al sangue versato.

E nel vangelo, nel racconto della lavanda dei piedi, si racconta che Gesù “depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita” e quando ebbe finito Gesù “riprese le sue vesti”.

Possiamo notare che il vestire richiamato dalle letture ha alcune caratteristiche comuni nei diversi testi citati.

C’è anzitutto uno “spogliarsi” degli abiti soliti: gli israeliti devono cingere ai fianchi il vestito, impedendo che esso possa ostacolare la corsa verso la libertà e nel vangelo si racconta che Gesù depose le vesti, così come nell’ultima cena è un corpo spogliato che si dona.

Un secondo elemento che possiamo notare è l’essenzialità del vestire, sia per gli Israeliti sia nell’immagine di Gesù senza la propria veste, ma solo con l’asciugamano ai fianchi.

Un ultimo aspetto che rileviamo è che la scelta originale di questi abiti è finalizzata ad un obiettivo, a vivere qualcosa, cioè la liberazione per Israele e la lavanda dei piedi per Gesù, quindi un dono, un servizio.

Così potremmo dire sul vestire che ci viene raccontato: esso è caratterizzato dal liberarsi del solito vestire, da una essenzialità che consente l’attenzione e il dono verso l’altro, da un progetto e un obiettivo da realizzare e raggiungere.

La vera interpretazione di questo vestire è il gesto della lavanda dei piedi e la spiegazione che ne dà Giovanni: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. L’amore è il significato e il dono della vita di Gesù e del gesto della lavanda dei piedi. Di amore dunque parla anche il particolare vestire che abbiamo richiamato.

La Pasqua del Signore ci dono un nuovo vestito per la vita.

Si tratterà di liberarsi dei soliti nostri vestiti, cioè le nostre abitudini e sicurezze, ciò che riteniamo ricchezza e nostra proprietà, tanti attaccamenti, legami della vita che non sono solo quelli materiali, ma anche quelli emotivi e interiori e imparare a fidarsi. Si tratta di lasciarsi vestire da chi ci dona l’amore come nuovo abito. Spogliarsi dei propri panni dunque può significare l’avventura di chi impara a lasciarsi voler bene, lasciarsi amare da Dio, potendo così abbandonarsi in Lui, alla sua opera, al suo amore, con piena fiducia.

Anche Gesù si libera delle sue vesti e tiene solo un asciugamano, e dell’acqua in un catino… sono gli strumenti per amare. Ci viene indicato e regalato il vestito dell’amore, le qualità dell’amare e del dono della vita, del servizio. E ci viene richiamato che si ama solo se si custodisce una vita semplice e nella essenzialità. Si tratta di mettersi il grembiule che è l’immagine dell’amore nel quotidiano, nella semplicità, nella bellezza dei rapporti.

Siamo invitati infine a mettere il vestito di uomini e donne libere, che sanno aprire orizzonti di vita, accoglienza, esperienze di carità e di fratellanza. Il vestito nuovo di cui si parla è novità di vita… ed è già la vita del risorto in mezzo a noi, per noi, in noi. E’ la vita accolta in dono.

Gesù, dopo la lavanda, riprese le sue vesti… Gliele toglieranno di nuovo per flagellarlo e poi metterlo in croce, cioè spoglio di tutto, per donare se stesso per tutti noi, spogliato delle sue vesti per donare solo amore con la sua vita.

“Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” scrive Paolo nella lettera ai Romani (13,14).

Oggi il Signore che chiede di lavare i piedi anche a noi, proprio a noi, forse sorpresi e titubanti come lo è stato Pietro e che ci regala la sua presenza nel pane donato e nel sangue versato, nell’Eucaristia, si offre a noi come il nuovo abito per vivere, la nostra vita… Ed è il dono per amore.

Se prendiamo questo nuovo abito anche di noi si potrà dire: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, noi, ci amò fino alla fine”.

L’amore di Gesù per noi, il dono della sua vita e l’amarci tra di noi, soprattutto i più piccoli e i più poveri, i più soli e i più sofferenti sono il nuovo abito che ci viene regalato oggi per vivere già da

Risorti. Ecco, … con l’abito dei risorti, di chi è nella vita vera.

Vescovo Andrea