L’Etruria

Redazione

Un cammino per riprendersi la vita

Le cortonesi Patrizia Meattini e Sara Falomi arrivate a piedi fino a Santiago de Compostela

Un cammino per riprendersi la vita

Due cortonesi, Patrizia Meattini e Sara Falomi, hanno concluso ieri il loro viaggio a piedi al Santuario di  Santiago de Compostela, dove è sepolto l’Apostolo Giacomo il Maggiore. Un viaggio che ogni anno viene fatto da migliaia di pellegrini. Un viaggio fatto per riprendersi la vita. Ieri ,16 luglio, l’hanno portato a termine anche le nostre due concittadine che hanno raggiunto Compostela dopo oltre trecento km di camminata a piedi.

Ieri pomeriggio ho chiesto a Patrizia Meattini, quarantessettenne insegnante di religione, di raccontarci il suo cammino e le sue riflessioni. Eccole qui di seguito.

Da tempo volevo compiere questo viaggio e da tempo ero sicura delle motivazioni che mi spingevano a realizzarlo.
Volevo compiere un percorso spirituale e religioso, sulla tomba di un grande apostolo che aveva conosciuto molto bene Gesù, condividendone i momenti fondamentali della sua esistenza come la Trasfigurazione e la Resurrezione della figlia di Giairo e la preghiera nel Getsemani. Desideravo pregare sulla sua Tomba. Si diceva che lì si doveva chiedere " il massimo bene per il masso male" e poi abbracciare la sua statua deponendo tutti i propri pesi ai suoi piedi.
Ma per arrivare lì, avevo bisogno di compiere un deserto, di mettermi in ascolto di Dio, pregare facendo spazio a Lui per "riprendere" in mano la mia vita ed ascoltare ed ascoltarmi.
Così insieme ad un'amica e collega a cui mi lega una profonda amicizia, nata quando le facevo il catechismo per la Cresima, abbiamo intrapreso il Cammino di Santiago, ognuna con motivazioni diverse, ma con profondo rispetto l'una per l'altra.
Siamo arrivate a Madrid, abbiamo preso un autobus per Burgos, abbiamo visitato questa ridente città con la sua Cattedrale Gotica dove abbiamo messo il primo "sello" nella nostra Charta del  Peregrino; la credenziale del Pellegrino, alla fine del Cammino, al centro internazionale de Acogida al Pellegrino, ti rilasciano la famosa Compostela, dove attestano il tuo pellegrinaggio.
Siamo ripartite per Leon e lì abbiamo dormito per iniziare il giorno dopo il Cammino.
Abbiamo percorso 13 tappe, dove la più breve era di 19 km di Tricastela-Sarria a la più lunga quella di Palas de Rei- Arzúa di Km 28,8.
Ogni tappa era un'impresa a sé; talvolta anche quelle più brevi diventavano pesanti per il dislivello e per la troppa calura dovuta ad un paesaggio desertico.
Non è solamente la durezza del percorso, ma anche il portarsi sempre dietro il tuo zaino, che pesa 9 kg e vi assicuro che diventa faticoso per le articolazioni.
Ho riflettuto molto sul significato di portarsi, sempre, dietro uno zaino. E’ un'incredibile metafora della propria esistenza. Mentre lo facevo a casa cercavo di metterci dentro il meno possibile ma ho capito che nel Cammino diventa sempre troppo; il superfluo pesa e affatica.
Dobbiamo imparare ad essere capaci di vivere con l'essenziale; lungo questo percorso ti servono davvero poche cose il resto diventa inutile peso, si deve imparare a lasciare e a non zavorrare le proprie esistenze di cose vuote e non significative.
Per camminare devi svuotarlo e impareremo a camminare più agevolmente.
Anche se eravamo in due, dopo i primi giorni di rodaggio, abbiamo compreso che per viverlo bene bisognava lasciarsi degli  spazi di silenzio e di cammino solitario.
Abbiamo incontrato molti volti e tante persone che abbiamo conosciuto e con cui abbiamo condiviso le nostre vite e le poche cose. Il camminare insieme ti lega come nessun'altra esperienza.
Ho incontrato donne e uomini soli partiti per ritrovarsi o per offrire un sacrificio per una guarigione di un proprio caro, chi per divertirsi e fare amicizie, chi ha incontrato l'amore della propria vita e chi voleva ritrovare un dialogo profondo con Dio.
Tutte queste persone già le custodisco nel mio cuore. Ci siamo regalati una parte di noi condividendola, questa è una delle bellezze del Cammino.
Gente di ogni dove, di tutto il mondo che spesso comunicano e si comprendono nonostante che parlino lingue diverse.
Chi percorre il Cammino segue le frecce gialle, che indicano la direzione che devi seguire e le trovi ovunque.
Ti danno sicurezza, sai che non puoi perderti, come nella vita abbiamo bisogno di punti di riferimento che ci danno sicurezza.
Più cammini e più è facile che i tuoi piedi si feriscano, vesciche, lesioni, distorsioni..
Nessuno è esente dal dolore del Cammino. Prima o poi il corpo risente dello sforzo, tanto che può essere necessario modificare il ritmo o addirittura fermarsi.
Lo sforzo ti fa capire che ad ogni tappa c'è bisogno di conversione e di cambiamento.
Ho visto persone piagate che continuavano a camminare e sentivo nascere nel mio cuore un profondo rispetto comprendendo quante fatiche uno può vivere nella propria esistenza che lo spingono a vivere quest'esperienza anche nel profondo dolore fisico.
L'unica cosa che ti può aiutare quando il procedere diventa faticoso è il "bordon" cioè il bastone di S. Giacomo, la famosa terza gamba, cioè Dio che ti si fa vicino sostenendoti. Anch'io  ne ho avuto bisogno e vi assicuro che aiuta a continuare il percorso.
Ho riflettuto su quanti bastoni ho incontrato nella mia esistenza e vi assicuro davvero tanti da ringraziare nostro Signore.
Ogni tappa, la dedicavo ad un'intenzione. Tanti amici cari o conoscenti, mi hanno chiesto le preghiere ed io ho offerto a Dio le mie fatiche per i loro bisogni.
La tappa più dura del “O Cebreiro” l'ho percorsa per tutti i sacerdoti, per i frati, per le suore, per i Vescovi e il nostro Papa Francesco affinché Dio custodisse le loro vocazioni mandando operai per la grande messe.
Era il giorno dove si leggeva il Vangelo di Luca 10,2-4 " la messe è molta e gli operai sono pochi" e allora ti rendi conto che Qualcuno guida i tuoi passi e il tuo cuore.
Oggi sono arrivata alla Cattedrale di San Giacomo. E’ stata la tappa meno faticosa, non a caso è il giorno del compleanno di mio marito Willy, morto tredici anni fa e anche per questo è quella dove il mio cuore era più inquieto; da una parte felice di essere arrivata, visto che talvolta abbiamo sentito la fatica e la paura di doverci rinunciare, ma da una parte la consapevolezza che il Cammino si stava concludendo.
Con Sara ci guardavamo e rimanevamo in silenzio, ma quel silenzio era denso di significato, ci siamo abbracciate diverse volte sicure che quest'esperienza ci ha cambiate e ci ha legate per sempre.
Arrivate, ci siamo messe a sedere negli scalini indugiando ancora un poco, ripensando ai 315 km fatti, alle tante emozioni, alle risate, ai dolori...
Siamo entrate in Chiesa attirate da una Cattedrale maestosa anche se in ristrutturazione. Siamo andate alla Tomba. Abbiamo pregato. Abbiamo abbracciato la statua del Santo, lasciando lì le nostre fatiche e quelle di quanti si erano affidati alle nostre preghiere. Abbiamo messo una candela per tutti, credendo che Dio possa accogliere tutti, amando ognuno di loro.
Poi siamo uscite. Abbiamo preso la Compostela. Il Cammino è finito; ma per me inizia quello della mia nuova vita, ritornando a casa con un cuore più leggero, più capace ad amare e dove riabbraccerò mia figlia Gaia
”.

Nella foto di corredo, Patrizia e Sara al  loro arrivo ieri a Compostela; nella gallery, alcune foto tratte dalla pagina fb di Patrizia Meattini.

A cura di Ivo Camerini