L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni - 23

Buona domenica in Albis

Diario cortonese di questi giorni - 23

Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni scaturite dal ritrovamento dei suoi quaderni-diario del passato. Che siano anche uno stimolo a ricercare e ritrovare i tanti diari del Novecento cortonese sepolti nelle nostre case , nelle nostre soffitte. E anche a prenderci quelli che lei chiama “i dieci minuti al giorno” per un nostro diario personale da lasciare a figli e nipoti.  Grazie Anna! (IC)

Diario dei QUADERNI

Il tempo non è molto bello, e non lo è in molti sensi, lo sappiamo bene.
Io ho il lusso di questo terrazzino su un tetto. Il mio affitto è ben speso, anche se in questo momento, a noi liberi lavoratori del non essenziale, pesa tutto, pesa l'affitto ma pesa anche la libertà. Perché tra tutte le cose che si sono fermate, per alcuni di noi, per molti altri no, si è fermato anche il privilegio di poterla gestire. Lezioni di vita.
Mi sono messa a spolverare lo scaffale dei miei quaderni, che sono tantissimi, molti di più di questi in foto, e un po' li ho portati nel terrazzino insieme al caffè d'orzo per rassettarli. Per la foto ho fatto posare anche l'angioletto che ho portato lì perché lì c'è camera di mia figlia e glielo regalo. Lo avevo comprato una domenica a Porta Portese e mi è sempre piaciuto tanto. Anche se non credo agli angeli, o almeno non a quelli con le ali.
La mia collezione di quaderni iniziò al liceo. All'epoca con una delle mie più care amiche ne tenevamo uno che ci passavamo tra i banchi e ci scrivevamo a turno. Passarlo tra i banchi serviva a far credere alle prof, o agli altri compagni, che erano appunti di latino, greco, storia o scienze. In realtà era un nostro diario epistolare. Ci scrivevamo continuamente cose nostre, quello che avevamo fatto, che sentivamo, che avevamo sentito, che avremmo voluto fare in quel momento. E anche piccoli spunti tipo "oggi la Grillini è più schizzata del solito... mi piace Guido... mio padre non mi ci manda... mi sono comprata i fusò fucsia".
Per me i quaderni sono il dono che mi faccio quando passo per Roma. Ora infatti c'è Tiger che ne ha di belli e molto economici. Ero innamorata di quelli di Feltrinelli, anche se lì l'attenzione andava sui libri. Me li regalo quando mi sembra di meritarmi un regalo. A Cortona trovi i quaderni lussuosissimi di carta fiorentina, rilegati a mano. Quando ne annuso le pagine mi sembra profumino di miele e cannella. Costano come un gioiello, e come tali, ci sono pur sempre stati giorni in cui ce li siamo regalati e forse ce li regaleremo ancora. Guarda caso me li regalava mia madre e qualche volta la mamma del mio ex marito. Lo facevano entrambe con una cura e un'idea di regalo prezioso, che infatti per me tale era. Proprio come succede con il filo di perle, gli orecchini antichi della nonna, il brillantino sottile. Sarò scema, proprio ora che non è il momento, ma quant'è bello ricevere certi doni.
In questo periodo, ma da prima della quarantena infinita, un quaderno era già diventato un oggetto obsoleto. Come forse un libro. Di questo parlavamo sere fa con un amico che sosteneva questa tesi. Soprattutto un romanzo, perché mettersi a scriverlo, pubblicarlo, pretendere che venga comprato? Lo dicevamo con un po' di cinismo, (veramente più lui che io), da avvocati del diavolo, avendo entrambi l'idea di un romanzo, da ricevere, comprare, metti caso pure scrivere, sia in cima alla lista dei desideri quotidiani. Figuriamoci quanto può essere obsoleto un quaderno, oggi. A me ad esempio, ormai è venuta la grafia da dottore, quella che a rileggerla non capisco io per prima neanche dopo 5 minuti. Perché la mano non è più abituata a stare sulla carta con la penna. Io sulla tastiera digito alla velocità di certi passaggi di Beethoven che hanno come didascalia "presto". Se scrivo a penna vorrei avere lo stesso ritmo, e il risultato sono linee curve che hanno la prosopopea di voler sembrare parole.
Ma invece, i quaderni, che oggetti preziosi. E le pennepoi, le stilografiche in cui ricarichi l'inchiostro dallo stantuffo, sporcandoti le mani, ma quanta bellezza. L'anno scorso, per il mio compleanno, una cara amica me ne ha mandata una per posta. Questo è amore. E la scrittura, l'amore per la scrittura, per me inizia da lì, dai quaderni e dalle penne. Volevo sempre, sempre scrivere, da bambina, poi da ragazzina e poi da grande. Mica tanto per i contenuti, ma proprio per l'azione fisica. Poi i contenuti magari vengono. Un po' come suonare. Ci metti le mani, prima di tutto, poi il cervello, poi il cuore libero e sfrenato, "Il gusto della maturità, è il gusto della responsabilità, e dell'uso efficiente del cervello e delle mani". Questa frase di Pavese ce la regalò il professore di italiano alla fine di un anno scolastico. Me la sono trascritta quasi su tutti i quaderni in cui sono stata, in tanti che via via finivano e ricominciavano. Suonare, dicevo, o mettersi lì a scrivere, (dico anche su una tastiera) è prima di tutto azione fisica. E nella scrittura, come nella musica, l'azione fisica conta. Per questo chi lavora di scrittura, oppure suona, lo so che non sembra credibile, ma fatica tanto e spesso ha il mal di schiena o di collo. Io sì.
Sono innamorata dei miei quaderni. Non di quello che c'è scritto dentro, che a volte è pochissimo. Ma proprio di questi oggetti e di questa mia collezione. A ogni trasloco sono tra le poche cose che metto in scatole con scritto "fragilissimo". E a quella parola mi permetto di dare un grandissimo senso. Quella parola dice tanto, tanto.
Così in questi giorni in cui di "fragilissimo" secondo me c'è quasi tutto, i quaderni mi stanno tra le mani continuamente. A volte non ci scrivo quasi niente. Riempio pagine e pagine per fare l'azione fisica di dire come sto, cosa farò, cosa non ho fatto, cosa ho sbagliato, quanto ho amato e quanto ho odiato una cosa o una persona. Non li rileggo mai e col tempo dimentico cosa ho scritto. Eppure li amo ancora e prima o poi ci torno. Come succede a volte, con la gente.
Stamani li sistemo e li spolvero, mi tengo l'ultimo iniziato e, cercando di scrivere un po' meno da dottore e un po' più da persona normale, (i dottori non me ne vogliano, specie in questo periodo in cui li trovo così belli), ci scrivo qualcosa.
Tutto questo perché lo dico. Perché stamattina il desiderio di scattare questa foto al tavolino del mio caffè privato, veniva dall'idea di dare un consiglio. Alle amiche che mi leggono, non certo al mondo. Avere un quaderno carino (mica quelli di Spiderman o delle Principesse), e una penna con l'inchiostro buono, in questo momento può migliorare parecchio le giornate. Tanto più che hanno riaperto le cartolerie ed è un bel regalino da farsi come premio per la quarantena. Un quaderno bello, una penna, la voglia di scrivere. Non ci sono regole. L'importante è riempirlo. Magari, come insegnavano un tempo nei laboratori di scrittura, darsi dieci minuti di tempo ogni giorno, e in quei dieci minuti staccarsi dal mondo, (dai cellulari soprattutto), dai figli che ci chiamano, dalla pentola che cuoce, dall'ansia dell'amica, dalla nostra per le bollette, dal lavoro, (per chi ancora lo ha), dai fidanzati o mariti. E regalarsi quei dieci minuti per scrivere qualunque cosa, qualunque cosa ci passi per la testa. Proprio con l'anima libera e il cuore sfrenato. Anche l'idea di una ricetta va bene. Anche degli insulti a qualcuno, o una lettera d'amore, o la cronaca di un fatto successo oggi, oppure niente, descrivere il niente dandogli dei ritmi e dei colori che in quel momento passano dentro i nostri occhi chiusi. Ora riaprili e scrivi, senza alcuna timidezza. Per me è una cosa che funziona sempre, in ogni periodo della vita e ogni epoca storica. Ma in questa, che è più storica di tutte le altre, sono sicura che tanti di noi tirerebbero fuori dei capolavori di cuori sfrenati. Intanto buona domenica.

Anna Cherubini