L’Etruria

Redazione

Ricordi "Terrasanta 2016": diario di un viaggio straordinario- 1

Resoconto del pellegrinaggio organizzato dai Francescani di Santa Margherita

Ricordi "Terrasanta 2016": diario di un viaggio straordinario- 1

Inizia la pubblicazione del diario tenuto da Chiara Camerini durante il pellegrinaggio in Terra Santa nel settembre 2016, la cui prima puntata è stata pubblicata anche sul giornale cartaceo.

Una splendida esperienza è stata quella che abbiamo vissuto come pellegrini  in Terrasanta l’ultima settimana di settembre 2016.  Tuttavia, il viaggio, quello vero, è cominciato al ritorno a Cortona, quando è iniziato il ricordo di quei giorni così pieni  di “cose”, luoghi, persone, sentimenti,  quando quel groviglio di emozioni si è come sciolto dentro ognuno di noi, trasformandosi in memoria. Il ricordo più bello, però, è quello legato all’armonia e all’amicizia, che si sono consolidate nel gruppo tra giovani e meno giovani, tra uomini e donne, tra ragazzi e ragazze, sotto gli auspici del nostro fra Stefano, con il sottofondo della chitarra di Samuele e Beatrice,  il canto preparato appositamente per il pellegrinaggio da Stefano,  le riprese di Bruno  e le foto di Mario, fotoreporter  ufficiali del gruppo.

18 Settembre 2016

Si può dire che il viaggio in Terrasanta inizia a Cortona, in particolare a Santa Margherita, già durante le festività natalizie 2015, quando fra Stefano, il Padre francescano, Custode del Santuario di  Santa Margherita, ha proposto il pellegrinaggio. La data di Settembre dell’anno successivo sembrava lontana. E invece è arrivata molto rapidamente.

Sono le 6 del mattino, è buio e tutto tace, ad eccezione del rumore delle ruote delle valige che devono essere caricate nel pullman che ci condurrà fino a Roma Fiumicino a prendere il volo per Tel-Aviv. Saliamo in pullman  assonnati, ma spinti dalla curiosità cristiana di scoprire e vedere con i propri occhi, forse un po’ con lo spirito di San Tommaso, i luoghi dove è stato Gesù. Si parte. Pur conoscendoci poco, si instaura quasi subito  un bel rapporto di unione e di cristiana fratellanza.

Siamo in venticinque persone, giovani e meno giovani, quasi tutti  provenienti dal Comune di Cortona: c’è anche  una rappresentanza aretina,  una coppia umbra e una dalla zona del Chianti.   Con noi sale fra Stefano, guida del nostro pellegrinaggio. Lo conosco solo di vista ed ho sentito qualche sua omelia, molto coinvolgente, durante la messa della domenica. Come me anche la maggior parte dei pellegrini. Per lui è il nono viaggio in Terrasanta:  “Ma, come dice fin dalle prime battute, ogni volta è come se fosse la prima”.

Iniziamo il nostro viaggio, reale, ma soprattutto spirituale. Durante il tragitto per arrivare a Roma Fiumicino, essendo mattina presto, recitiamo insieme le Lodi mattutine: il rito si è ripetuto successivamente e si è  scoperto, con lo scorrere dei giorni, che anche la preghiera comunitaria è stata un forte elemento di unione.

Verso le 9 di mattina arriviamo finalmente a Roma: c’è tanto sonno (visto che il giorno prima della partenza molti lavoravano, e quindi hanno dovuto preparare la valigia di notte!) e quasi  tutti  immaginano  il letto di casa, dove si sta così bene e che in quel  momento manca tanto!  

Si uniscono a noi altri cinque pellegrini di Grosseto, con i quali abbiamo in comune solo la conoscenza del nostro padre Stefano.

Adesso dobbiamo rimanere in attesa all’aeroporto fino all’orario d’ imbarco:  quindi ne approfittiamo  per legare con i compagni, la maggior parte dei quali di vista già conosciamo, ma con cui, come spesso capita, al di là di un saluto, è difficile avere contatti. Il viaggio tanto atteso, le aspettative di quello che andremo a vedere, il desiderio di trovare ciò che immaginiamo, la fede, che speriamo di ravvivare,  ci uniscono in un unico spirito.

Finalmente si parte alle  13 ora locale. Il viaggio dura tre ore, così si ha il tempo di dormire un altro po’. In aereo i posti sono stati assegnati in maniera casuale: c’è la possibilità di fare una bella chiacchierata e dopo aver condiviso la vista della terra e delle nuvole dall’alto, alcuni cadono  dolcemente tra le braccia di Morfeo, fino a che, dopo alcune turbolenze, non si percepisce l’inizio delle manovre di atterraggio.

Ecco:si  vede  dall’alto una città enorme affacciata sul mare, tutta costruita con case bianche ad un piano, massimo due piani, e che si spinge fino all’entroterra: si tratta di Tel Aviv. È una città che si conosce solo di nome: famosa, purtroppo,  per i conflitti e per le tensioni del Medio Oriente.

L’atterraggio è perfetto. Quando usciamo dalla carlinga dell’aereo, ci immergiamo in un nuovo clima, diverso da quello italiano di settembre. Sembra che siamo tornati nel pieno dell’estate: 31°gradi all’ombra. Un caldo secco ci colpisce e subito il pensiero va ai vestiti nel bagaglio, nel timore fondato di aver sbagliato tutto.

L’aeroporto è abbastanza grande. Si devono fare i controlli per entrare in Israele. Si è sentito dire che va chiesto di non porre il timbro sul passaporto, perché il Paese d’Israele è in permanente ostilità con i vicini Stati Arabi. Con un po’ di vergogna, ma anche con malinconia, si chiede all’addetta al controllo, in maniera il più possibile cortese, di non apporre alcun timbro sul passaporto (“Please, no stamp!”). La ragazza ci guarda con una aria frammista tra delusione e rassegnazione, sottolineando che non si mettono più i timbri da tempo.

Passiamo i controlli e ci dirigiamo compostamente verso l’uscita dell’aeroporto con un misto di timore e di curiosità nell’apprestarci a visitare i luoghi della Terrasanta,  ricordati dai quotidiani come luoghi di guerra.

Ci aspetta un pullman con a bordo la nostra guida israeliana, Ghasub, un giovane avvocato, che parla benissimo l’italiano, perché l’ha studiato da noi, tornando poi nel suo Paese, dove vive felicemente con moglie e figli. Ghasub ci accompagnerà lungo quasi tutto il nostro viaggio, guidandoci attraverso la Terrasanta, che ci illustrerà  dal punto di vista di un autoctono.

Da Tel Aviv ci dirigiamo verso la Galilea, nel nord del Paese.  E dopo circa 2 ore di viaggio arriviamo a Nazareth.

E qui, per la prima volta, abbiamo dovuto “fare i conti” con questi luoghi, di cui abbiamo letto nei Vangeli e che  tante volte abbiamo immaginato. Lo stacco è notevole, perché duemila anni non sono passati invano!  Oggi Nazareth, il luogo dell’infanzia e della giovinezza di Gesù, è una bella città moderna, ordinata e pulita: la casa di Giuseppe, dove Gesù crebbe, è diventata una bella chiesa  e la casa di Maria  è la Chiesa dell’Annunciazione. Di notte, appare suggestiva tutta illuminata e di giorno  si mostra  in tutta la sua maestosità. La chiesa è un edificio a due piani, costruito il secolo scorso sopra una precedente chiesa bizantina, poi trasformata nell’era delle Crociate. Il livello più basso sarebbe ciò che resta della casa originale di Maria e  contiene la Grotta dell’Annunciazione, dove si crede che l’Arcangelo Gabriele abbia visitato Maria, annunciandole la nascita di Gesù.  La custodia della chiesa ai francescani fu concessa dal Saladino già nel XII secolo e dura con fasi alterne fino ad oggi. Secondo la tradizione ortodossa, invece, l’Annunciazione sarebbe avvenuta mentre la Madonna attingeva acqua presso  quella che è chiamata la Fontana di Maria: sul luogo sorge la Chiesa dell’Annunciazione ortodossa.

 Il nostro Hotel sorge nel centro di Nazareth e subito ci immergiamo nei profumi e negli aromi dei piatti orientali, molto speziati, quasi a suggerirci l’idea che questi luoghi rimarranno indelebili nella nostra memoria anche grazie agli odori percepiti. Si mangia a buffet e questo un po’ imbarazza, perché si tende a riempire il piatto di ogni nuova pietanza che può apparire invitante: ci sono il riso, le patate non sbucciate, l’hummus, le zuppe, le salse orientali, le verdure di ogni genere condite con frutta, fino all’immancabile pasta e carne, nel tentativo, forse, di farci  sentire un po’ a casa.

Dopo cena si decide di fare un giro di esplorazione per Nazareth. Usciamo per le strade e raggiungiamo il primo luogo Santo, la Fonte dove Maria veniva ad attingere l’acqua per dissetarsi, per lavare, per cucinare. Immaginiamo quei tempi antichi, i giorni che scorrevano simili alla nostra vita quotidiana, in cui le persone vivevano, soffrivano, gioivano, lavoravano indaffarate dentro e fuori le proprie abitazioni. Le case erano in realtà non capanne, ma grotte scavate nella roccia. Arriviamo poi alla Chiesa dell’Annunciazione, magnifica di notte, ma rimandiamo al giorno dopo l’ingresso. Passando per quei luoghi,  tornano in mente  le immagini personali che ognuno ha elaborato sulla vita di Gesù a Nazareth, tratte  dai  libri del Catechismo che si sono studiati da piccoli, dalle opere d’arte, dai film e ognuno di noi cerca di ricomporre quei “quadri” aggiungendo particolari desunti dalla realtà.

La Fontana di Maria, dista, per esempio, all’incirca 500 metri dall’ abitazione di Maria. Immaginiamo che ogni volta che veniva a prendere l’acqua, probabilmente anche più volte al giorno, incontrava parenti, amici, conoscenti e magari anche lo stesso Giuseppe, scambiando saluti e discorsi sulla quotidianità del paese.

Ritorniamo all’albergo. Siamo entusiasti: ci stiamo immergendo nei Luoghi Sacri, che verranno scoperti guidati dal nostro desiderio di conoscenza. E si va a dormire aspettando con ansia il vero inizio di questo viaggio fisico e spirituale.

(Nella Foto il Gruppo dei  pellegrini sulla scalinata della Chiesa del  Santo Sepolcro. Seconda puntata segue prossima settimana)

Chiara Camerini