L’Etruria

Redazione

C’erano una volta i sindacati

Unità sindacale : se non ora quando? Le amare parole di un ex-sindacalista aretino

C’erano una volta i sindacati

Buongiorno, caro amico giornalista di strada. Fermati dieci minuti che devi raccontare al mondo la mia amarezza di ex-sindacalista della triplice, cioè di quando in Italia i sindacati difendevano il lavoro, i lavoratori, i pensionati, la gente comune che vive onestamente, si alza presto e corre da mane a sera per portare a casa la pagnotta e aiutare la propria famiglia a non finire sotto i ponti”.

Davanti ai capelli bianchi di questo noto e rispettato pensionato, che ha dato un'intera vita alla militanza sindacale, che ha corso di qua e di là solo a rimborso spese vive, che ha trascurato la sua famiglia per essere , come si diceva negli anni 1960-1980, l’avvocato dei poveri e per servire la causa  del loro riscatto, mi fermo immediatamente e tirato fuori dalla tasca il mio inseparabile taccuino prendo a trascrivere molto volentieri la sua filippica di pensionato medio-basso, che  non arriva alla fine del mese. Un pensionato, che, con tanta abnegazione e dignità, aiuta i suoi figli a crescere i nipoti, mentre avrebbe tutto il diritto a vivere in riposo e tranquillità i suoi ultimi anni di vita. Un pensionato che  invece è costretto a vivere  nell’amarezza e nella fatica di un quotidiano strangolato dal caro vita, dalla speculazione capitalistica,  che, con la scusa della pandemia e della guerra, fa più ricchi i ricchi e più poveri gli italiani del cosiddetto ceto medio.

Ho incontrato questo ex-sindacalista aretino all’uscita di un supermercato di Arezzo, dove era stato a fare spesa, approfittando delle offerte. Oggi vive nel suo modesto appartamento, dedicandosi completamente ai figli, ai nipoti aiutandoli a mandare avanti la famiglia. Quella famiglia che lui ha trascurato  mentre stava fuori casa tutti i giorni per il sindacato e per le grandi battaglie di promozione sociale ed economica degli anni del Secondo Novecento. Mi chiede di non fare il suo nome, perché “ho chiuso con la mia organizzazione sindacale cui ho tolto anche l’iscrizione, dopo che due anni fa mi  hanno escluso da tutto in quanto mi ritennero un  cane sciolto,fedele agli antichi ideali e valori della lotta sindacale. Ma oggi sono fiero di essere ancora un uomo  libero dalle bande di potere che, dopo i partiti, hanno conquistato anche i sindacati”.

Davanti a questo eroe da film “C’erano una volta i sindacati” , mi fermo oltre mezz’ora e anche  se non posso trascrivere tutto quello che mi ha detto, altrimenti non basterebbero dieci puntate, più che volentieri riporto l'essenziale, perché questo aretino è l’emblema di tanti italiani del nostro  ceto medio deluso da partiti e sindacati. Partiti e sindacati  che egli non esita a definire  “ormai vuoti simulacri di una Costituzione repubblicana osannata nei discorsi ufficiali, ma ignorata nella pratica di governo nazionale e locale”.

Egli vive in Arezzo con la sua modesta pensione aiutando i suoi figli e nipoti, accudendo la  moglie che ha molti acciacchi  di salute, dopo una vita di sacrifici per il prossimo e , ancor oggi, regalando  sabati  e domeniche   alla Caritas parrocchiale.

Insomma, egli è un aretino davanti al quale togliersi tanto di cappello  e dal quale raccogliere ancora una volta consigli e indicazioni di futuro come quella di un “ritorno immediato alla unità sindacale di Cigil, Cisl e Uil tramite una nuova Federazione unitaria che ridia forza contrattuale ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e ai giovani in cerca di lavoro o sottopagati o costretti ad essere sfruttati in lavori diversi dagli studi fatti con sacrificio e con merito”.

Se i sindacati confederali- mi dice con quasi le lacrime agli occhi-  non mandano a casa gli attuali dirigenti tornacontisti intenti a fare solo i loro affari personali e non si danno guide alla Carniti, Lama, Benvenuto, Marini , Trentin che rivoltarono sottosopra l’Italia dei padroni primo novecento e portarono operai e ceto medio a sperare in un’Italia migliore,libera dallo straniero  e a dimensione di giustizia sociale e di promozione umana, nel giro di un anno o due questi attuali sindacati scompariranno dal panorama politico italiano e cadranno in distruzione , come avvenne per le corporazioni fasciste o per i  sindacati cinghia di trasmissione dell’ ex Unione Sovietica. Ma come si  fa a stare a cuccia e zitti davanti alla situazione sociale ed economica di un’Italia che sta tornando indietro di tre secoli? Come si fa a dimenticare o non tenere nel dovuto conto che la tutela del lavoro e la protezione sociale non si fanno con i bonus , ma con il conseguimento di  modelli e di regole universalistiche, in particolare nei settori fondamentali dei diritti alla previdenza, all’assistenza, alla salute e all’istruzione? Come si fa ad andare a letto la sera sapendo che in Italia il lavoro è svalutato?  Che i diritti di cittadinanza non solo sono affievoliti, ma spesso sono cancellati? Che il trattamento economico del settanta per cento dei lavoratori subalterni e dei pensionati ha perso potere d’acquisto e che a stipendi e pensioni africane corrispondono prezzi da inflazione a due cifre? Mi domando e domando, ma perché i sindacati confederali non si mettono attorno ad un tavolo e ricostruiscono una federazione unitaria che riporti il sindacato ad essere un soggetto politico credibile ed amato che si schiera a difesa di quel quasi cinquanta per cento di italiani che stanno affogando nel carovita e nella speculazione capitalistica? Cgil, Cisl e Uil devono invertire la pericolosa frammentazione politica e sindacale in atto nel nostro paese, facendo scelte chiare ed assumendo comportamenti coerenti con i loro valori ed ideali fondativi. Devono mettere in piedi un nuovo Patto di Roma che ridia speranza e futuro ai lavoratori dipendenti, ai giovani  ed ai pensionati. Solo un nuovo impegno unitario che ridia vita ad una nuova triplice sindacale confederale potrà salvare Cgil, Cisl e Uil dal tramonto e dalla fine della loro azione nell’Italia di questo nuovo secolo,  sballottata come nave senza nocchiero nei marosi di una globalizzazione , che sta mangiando il ceto medio, le classi subalterne e sta divorando le identità nazionali democratiche che costruirono il benessere dei popoli novecenteschi . Se gli attuali dirigenti di Cgil, Cisl e Uil non capiscono questo , certamente ne risponderanno in termini di disastro politico non solo a coloro che hanno dedicato un’intera vita alla militanza sindacale , ma soprattutto ai giovani che faranno altre scelte sindacali e politiche , costruendo nuove forme di organizzazioni sindacali e politiche  che li aiuteranno a creare un nuovo mondo migliore fondato su valori ed ideali di giustizia sociale, di solidarietà, di libertà e di promozione umana”.

Grazie , caro pensionato aretino, dal tuo amico giornalista di strada. Scusami se non riporto per intero tutta la tua lunghissima chiacchierata fattami a cuore aperto;  ma son sicuro che quello che ho trascritto è più che sufficiente per coloro che non si sono ancora fatti incartare nelle nebbie dell’indifferenza al prossimo, negli egoismi di chi non riesce a vedere oltre il proprio naso.

Ivo Camerini