L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni - 6

I giorni sospesi o grigetti

Diario cortonese di questi giorni - 6

Su Fb di quest’oggi troviamo questo nuovo bel post che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. Sono riflessioni che Anna ci regala  sui giorni grigetti, sospesi  o "medi " come li chiama lei e che capitano anche a tutti noi. Grazie, Anna! (IC )

"Diario dei GIORNI MEDI

Ci sono delle giornate, in questo periodo, in cui gli stati d'animo ci sfilano davanti in abiti diversi, come fossero uno per ogni stagione. Anche se ora siamo tutti in una stagione unica che non è né primavera né inverno, né niente.

Gli stati d'animo, dicevo. A me capita di svegliarmi sul filo conduttore della notte, quando andando a dormire mi sono detta "tra poco passa tutto, si arriva a zero contagi, riprendono la vita, il lavoro, i rapporti, potremo pagare quello che c'è da pagare, ci rimetteremo a correre, e saremo anche più contenti perché avremo capito tante cose che prima non avevamo capito". Lo dico tra me andando a dormire. Spero sempre che duri, almeno per le ore dei sogni.

Poi al risveglio, finito quell'attimo di filo conduttore felice, tutto va da sé. Le ore della giornata iniziano a fare come cazzarola gli pare. Si mettono alla guida del tuo cervello e dei tuoi umori e ti portano in una specie di percorso su strade sterrate. Ti fanno voltare a destra quando volevi voltare a sinistra o viceversa. E ti sbatacchiano davanti a un altro tg, oppure alla finestra, davanti a quelli sui balconi che però hanno smesso di cantare e tu sei arrivata tardi, oppure verso quella pila di libri che avevi messo su ma le gatte l'hanno fatta cadere e allora hai visto che erano libri inutili. Per non dire quando ti ritrovi davanti ai fornelli ma il guaio è che dopo i fornelli hai svoltato verso la bilancia, e allora, a quel punto, le ore godono del tuo rinnovato nervosismo e ti lanciano verso la stanza dei figli, dove li becchi sul telefono o sull'iPad, lei seduta a gambe incrociate a fare vocali, lui direttamente steso a fare una sfida di qualcosa, quando invece ti avevano detto che avrebbero letto un libro. Così, una volta fatti dovuti urli, con una voce che in quei momenti esce gracchiante come quella di uno sportello rotto, te ne torni davanti allo schermo di questo coso e spulci le noie o le frustrazione degli altri, sperando di non beccare gente contenta e iperattiva o che scrive quanto si sente amata dal proprio partner, che in quel momento, va bene tutto, però te prego! Allora pensi a chi sta male, ma male davvero. E siccome hai visto e seguito troppi programmi su questo male indegno e merdoso che il mondo non meritava, ora no, ora non ti ci entrano di nuovo quelle immagini, perché è una giornata in cui il cuore ti si è rimpicciolito e sta tutto dietro i tuoi piccoli umorini da personcina piccola e lamentosa quale sei.

Allora per peggiorare il tutto riapri il file su cui stavi lavorando con tanta passione e gioia prima che tutto succedesse, e ci dovevi mangiare con quel file, e pagare le bollette, e ora invece lo sventoli all'aria davanti a una porta chiusa.

A quel punto sarebbe meglio fermarsi. E smettere di pensare. Magari lasciarlo aperto il file, che così dallo schermo ti guarda, ti sorride, ti ricorda che esiste e che non ti vuole male. Metti da una parte il quaderno con gli appunti e la penna in mezzo. Aspetti che gli stati d'animo finiscano la loro sfilata idiota nei loro abiti a colori diversi.

Che poi se c'era una cosa che proprio non sopportavi manco prima erano le sfilate di moda, ma questo è un altro discorso e ora sei acida quindi dici che non sopportavi niente.

La cosa buona è che durante quell'attesa qualcosa succede. Tipo ieri, nel mio caso, in quell'attesa mi sono seduta sul letto con le gambe incrociate uguale a mia figlia, quando sta lì a gambe incrociate e ridacchia con le amiche, anche ora, da lontano. Mi piace che poco dopo me lo riracconta, e con quegli occhi suoi che devo ammettere mi mangiano il cuore, con l'apparecchio ai denti che le sbrilluccica nel sorriso, mi riporta i fatti eclatanti: e allora lei ha detto e quindi lui ha risposto e io però ho ridetto... E ride.

E non volendo, ieri ho un po' rifatto uguale. Seduta sul letto in quel modo, in ribelle attesa che quella cazzo di sfilata di umori, vestiti Prada e Kalvin Klein, passasse inosservata, ho iniziato a ricevere prima un messaggio e poi un altro. Aspetta metto la musica, ho detto. E lì sul letto accanto a me, nella parte di letto vuota da secoli, il computer suonava una delle mie playlist lagnose, secondo gli orecchi di tanti, proprio nel mio stile. E sul telefono un'amica, un amico, un'altra amica, un'altra ancora. Le mie risposte. Una risposta seria, una cretina, una preoccupata, una affranta, una forzatamente ottimista, un'altra emozionata perché era per una persona speciale, un'altra intenerita, e così via. Anche i messaggi dei nostri whatssapp hanno sfilato bene, vestiti ognuno in un "outfit" (che schifo di parola!) diverso. E s'è fatta sera. E abbiamo cucinato, coi bimbi e il loro babbo, cioé il mio ex. E mio figlio che mi ha detto "sai sto diventando creativo" e io di nuovo mi stavo per arrabbiare perché si parlava di una creatività da tic Tok, (ai ragazzi piace più di tutti questo social, mentre noi vecchi usiamo ancora fb). Io solo all'idea di un figlio creativo su una cosa che si chiama Tok Tok ero ripartita con la voce gracchiante da sportello rotto, ma il padre mi faceva quella faccia che fanno i padri quando ti invitano a lasciar correre per una volta, e se poi i figli fanno i guai ovviamente è colpa tua che hai lasciato correre! E poi via coi racconti dell'altra, "io gli ho detto e lei mi ha detto e allora ho pensato...", l'apparecchio che sbrilluccicava e io notavo i denti ancora storti, mentre lei mi raccontava la cosa, per lei, più fica del mondo.

Oggi rifaccio l'ennesimo proposito di non stare qui davanti, non stare troppo al telefono, non stare troppo ai fornelli, non andare nemmeno sulla bilancia. Oggi faccio il proposito, per la sessantesima volta, di scrivere. Rimettermi su quel file e su un altro ancora, perché prima o poi finirà, e il lavoro non fatto mi guarderà dall'angolo della stanza e mi dirà cretina, quanto tempo hai perso durante quella quarantena di centottanta giorni in cui potevi fare, e fare e fare.

Questa foto me l'ha fatta la mia amica Lucilla qualche mese fa al nostro Caffé La Saletta, in uno di quei giorni in cui il quaderno degli appunti con la penna vanno un po' da una parte e io dall'altra. Ma era bello, perché a quel punto, messami in pausa, prendevamo il caffè insieme e anche noi stavamo lì con tutti i nostri "e allora lui mi ha detto e io gli ho ridetto...". E ancora non c'era quello che poi c'è stato, che c'è. E che passerà. Lo dico convinta: passerà. Al momento ho uno stato d'animo vestito di rosso, arancione e giallo. Tra un po' potrebbe rivestirsi di nero, e avrà completato la sfilata di un altro giorno medio. Mi metterò a guardarlo, aspettando."

Anna Cherubini