L’Etruria

Redazione

Essere in pace con se stessi.

Essere in pace con se stessi.

Trovare la nostra pace interiore è sempre importante, decisivo per vivere bene il nostro tempo di pellegrini sulla terra. Tanto più lo è in questi giorni di dolore e di emergenza sociale ed economica che improvvisamente ci è caduta addosso.

In tempi  incerti e pieni di nuvole oscure all’orizzonte ( oggi grigie e portatrici anche di qualche fiocco di neve) si può trovare  la pace interiore, anziché essere sopraffatti dalle preoccupazioni e dall’ansia? Nonostante quello che accade nel mondo e nelle nostre vite private, esiste un luogo in cui trovare stabilità? Siamo in grado di guardare al futuro con speranza, nonostante le circostanze della vita e del mondo?

Sono questi gli interrogativi che ho letto da più parti in questi giorni. Sono interrogativi che tanti laici, giovani e meno giovani , si pongono e per i quali un laico, indegnamente cattolico, come me non ha risposte certe. Ma da ex-professore, che non ha mai rinunciato alla propria matrice culturale cattolica, qualche consiglio può essere dato.

Ricordo che nella mia attività di docente e di piccolo sindacalista ho incontrato tanti studenti e tanti lavoratori che identificavano Dio come un loro valore costante nelle loro vite. Molti mi dicevano: il mondo che ci circonda è in continuo cambiamento; Dio invece è immutabile. Dio è costante e affidabile. Dio è sempre lì. Su Dio posso contare sempre.

Dio è oggi lo stesso di ieri e lo sarà anche domani, ci dice infatti Malachia. Ed  Isaia aggiunge: “C’è forse un dio all’infuori di me o una roccia che io non conosca? Io sono il Signore, non cambio”.

Insomma, su Dio ognuno di noi può contare. Se ieri non l’abbiamo conosciuto, stando in quella che  è la nostra trincea, la casa, oggi possiamo parlarGli e conoscerlo partendo dalla lettura del Vangelo e della Bibbia. Conoscendolo possiamo ottenere la nostra pace spirituale, la nostra pace interiore, dando così forza e sicurezza al nostro cuore e alla nostra mente.

Ricordo sempre con tanta gioia quello che mi disse una volta una studentessa diciassettenne quando andammo tanti anni fa, credo nel 1996, al convegno nazionale della stampa studentesca a Roma, invitati perché avevamo anticipato da anni l’esperienza didattica di realizzazione del giornalino scolastico al posto del primo compito scritto di italiano all’inizio dell’anno scolastico.

Mi disse quella ragazza che oggi so essere un' affermata e brava lavoratrice: “Avere un’amicizia vera con Dio è per me una realtà quotidiana straordinaria e bella. È un’amicizia cosmica, che non venderei per niente al mondo. Mi sento conosciuta e amata a tal punto che spero solo di riuscire a comunicarlo in maniera sufficiente.

Chi ha questo dono dell’amicizia con Dio lo comunichi ai parenti, agli amici, al vicino e a chi incontra, così come quella studentessa lo comunicò al suo professore di lettere in un chiacchierata ai margini di quel convegno di tanti anni fa.

Nella Lettera agli ebrei sta scritto: “Ecco: vengono giorni, dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giuda.Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: «Conosci il Signore!». Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati. Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima: ma, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a scomparire”.

E ancora: “Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (….)Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo.

Come aveva capito quella giovane studentessa e come in tanti hanno capito da tanto tempo: non è importante quello che accade in questa vita, perché la fine della vita terrena non è la fine del mondo e questo mondo non è la fine di tutto. E rimane tutt’oggi  attuale la denuncia fatta nel 1880 dal grande scrittore italiano Giovanni Verga nella sua novella “ La roba “.

Così Verga ci descrive, tra l’altro, Mazzarò intento ad accumulare roba e a giudicare il viandante che passava di lì: “(…) E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: - Guardate chi ha i giorni lunghi! Costui che non ha niente!- Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: - Roba mia, vientene con me!-”.

Ma quando Mazzarò morì,  la roba non lo seguì, ci dice Verga. Che questo significativo racconto della nostra letteratura ci aiuti a ritrovare Dio in questi giorni di trincea.

Ben sapendo che , come testimoniò un cappellano militare durante la Seconda Guerra Mondiale: “ non esistevano atei nelle trincee”. E ben sapendo che,come mi disse in una intervista il grande biblista Xavier Doufour, “ Dio non è un tappabuchi. ”. A maggior ragione non Lo è quando siamo in trincea, come oggi. 

"Dio è il mio prossimo", come  mi aggiunse Doufour  e come ci ricorda ogni giorno Papa Francesco.

Ivo Camerini