L’Etruria

Redazione

Profughi,esuli e "dispatriati". L’eredità dimenticata del fascismo.

Profughi,esuli e "dispatriati". L’eredità dimenticata del fascismo.

Ho letto di recente il volume “Da colonizzatori a profughi. L’eredità dimenticata del fascismodi Giovanni Ruggiero, pubblicato nell’ottobre del 2022 e che integra e completa il volume “Tracce d’esilio. Il CRP di Laterina 1948-1963”, composto dallo stesso autore insieme a Serena Domenici e Giuliana Pesca. Questo volume amplia la ricerca precedente dedicando largo spazio al rientro in Italia dei profughi che, provenienti  dalla Tunisia, dall’Egitto e dalle ex colonie del Corno d’Africa, furono accolti nel Campo Profughi di Laterina dall’aprile 1960 al giugno 1963: una sezione della nostra Storia, questa, non sempre nota e impropriamente catalogata come Storia “minore”.

L’autore parte dalla storia dell’emigrazione alla volta della Tunisia,  ripercorrendo le vicende di uomini e donne,  partiti dal nostro Paese, non so quanto “volontariamente”, per questioni legate alla sopravvivenza, quelle che adesso chiamano “economiche” e che una certa propaganda classifica come di secondaria importanza, come se fuggire dalla fame e dalla miseria fosse meno grave del fuggire dalle guerre e dalle persecuzioni. Questo processo di emigrazione riguardò  soprattutto siciliani, che nel corso del secolo XIX emigrarono in Tunisia, mentre Libia e Africa Orientale rientrano come mete di quella colonizzazione, che il nostro Paese cominciò a perseguire già nella seconda metà dello stesso secolo, allineandosi ed entrando in competizione con le altre potenze coloniali europee.  In realtà, si ha l’impressione che l’Italia abbia cercato di dimenticare quella fase storica, nascondendola sotto il mito del colonialismo italiano “buono” o degli italiani “brava gente”, o, al limite, distinguendo un colonialismo “buono” prima del fascismo da quello “cattivo” dell’epoca fascista. L’autore, al contrario, seguendo il principio dell’oggettività nella ricerca e nell’indagine storica, esamina, basandosi su documenti e testimonianze, le cause del fenomeno dell’emigrazione e della colonizzazione, quindi la fase del rientro degli italiani al termine della seconda guerra mondiale con la perdita delle colonie  e in seguito al processo di decolonizzazione dei Paesi africani, evidenziando il tentativo da parte del governo italiano di far fronte all’esigenza di rendere meno traumatico possibile il ritorno dei nostri connazionali nel  Paese d’origine.  

Dalla fine della guerra iniziò forzatamente quel processo di decolonizzazione, che, iniziato già in precedenza, si  protrasse  e raggiunse il suo apice nel secolo XX. Tra il 1945 e il 1960 conquistarono l’indipendenza circa 40 Paesi africani. E in questo stesso periodo, le guerre di liberazione nazionale di tante popolazioni africane furono all’origine di fenomeni di rientro da questi Paesi a quelli di origine. La crisi di Suez del 1956 con la nazionalizzazione del Canale, voluta dalla politica panaraba di  Nasser, poi nello stesso anno  in Tunisia la liberazione dal colonialismo francese e nel 1957  l’instaurazione del governo nazionale repubblicano di Bourguiba con i provvedimenti antistranieri, quindi la guerra tra Eritrea ed Etiopia, poi l’indipendenza della Libia nel 1951, cui seguì nel 1970 l’espulsione degli stranieri sotto la presidenza di Gheddafi : questi avvenimenti in un breve lasso di tempo provocarono un rientro massiccio verso il Paese d’origine di tanti connazionali, per i quali il governo italiano creò quindici Centri di raccolta profughi, tra cui quello di Laterina, che, tuttavia, esisteva con funzioni diverse già dal 1941.   

Tra il 1960 e il 1963   il Centro, oltre ad accogliere profughi giuliani, ospitò italiani provenienti dall’Africa, dalla Tunisia e dal Corno d’Africa. Il rientro in Italia avviene in un periodo complesso, in una situazione di crisi politica e sociale con il governo Tambroni. A questo si aggiungono la difficile integrazione dei cosiddetti “dispatriati”, costretti a tornare in Italia, i costi dell’assistenza, le difficoltà economiche, l’impossibilità di trovare un lavoro, e non ultimo il problema della lingua.    Alla ricostruzione storica, condotta con una indagine accurata sulle fonti documentarie, seguono nella parte finale molto suggestive le testimonianze dei profughi, raccolte dall’autore con grande sensibilità e sobrietà, senza mai scadere nel patetico fine a sé stesso. Paradossalmente è proprio questo distacco, cui lo storico sente di dover obbedire, che coinvolge il lettore, perché fa trapelare quella “ compassione” che si deve alla sofferenza umana e che ci ricorda che la Storia  è anche storia di uomini e donne, non solo storia di potenze, di profitti, di oppressioni e di sopraffazioni.

Il Campo di Laterina diventa, dunque, occasione privilegiata di indagine storica e  punto di incontro di vicende che si assomigliano, di persone accomunate dalla  povertà o dal desiderio di migliorare le  condizioni  proprie e quelle dei figli; punto in cui convergono le vite di uomini sradicati dal loro Paese  d’origine e poi di nuovo costretti ad abbandonare quelle nuove terre che  si erano illusi di possedere. Molto efficace il titolo del volume, che descrive la parabola di quelli che erano partiti colonizzatori e si ritrovano profughi. E la sobrietà del sottotitolo: L’eredità dimenticata del fascismo.

In realtà viene svelata la natura non diversa del colonialismo italiano da quella di altre potenze coloniali, come la francese e l’inglese, mentre per decenni si è camuffata sotto il luogo comune e consolatorio del colonialismo italiano “buono”, che in qualche modo pretendeva di autoassolversi. Di quanto successo in particolare nel Corno d’Africa, con lo sfruttamento e le stragi della popolazione locale, quello che più sconvolge è l’atteggiamento degli italiani nei confronti delle donne indigene, in particolare delle bambine e adolescenti con la pratica oscena del “madamato”.

I movimenti indipendentisti di tanti Paesi africani si scrollarono di dosso, almeno temporaneamente, l’invasione coloniale delle potenze europee: temporaneamente, perché al colonialismo seguì, sostituendolo almeno formalmente, un nuovo modo di sfruttare il ricco continente africano con quello che viene definito “neocolonialismo”, che approfittò, a suo vantaggio, del riaccendersi delle mai sopite lotte tribali. E come non pensare al fenomeno dell’emigrazione attuale? E come non riflettere sulla “vendetta” della Storia?

Per saperne di più:Giovanni Ruggiero, Da colonizzatori a profughi. L’eredità dimenticata del fascismo. Storia degli italiani d’Africa al Campo Raccolta Profughi di Laterina(AR) (aprile 1960-giugno 1963). EdizioniNuovaProhmos. 2022.

Fiorella Casucci