L’Etruria

Redazione

No all’ indifferenza al dolore. No alla paura del Covid-19.

Il bel messaggio di Anna Cherubini sui social

No all’ indifferenza al dolore. No alla paura del Covid-19.

Anna Cherubini, di cui nella primavera scorsa, durante il lockdwon, abbiamo pubblicato molte puntate del suo " Diario di questi giorni cortonesi ", ha ripreso a pubblicare su Fb un nuovo diario:" Diario d’autunno".

Nel post di ieri Anna invita i naviganti social ad aver voglia di sentimenti buoni, “a coltivare l'empatia, la compassione, lo stupore” e ad annichilirsi “quando attorno a me vedo avanzare il dolore e vedo soprattutto l'indifferenza al dolore”.

Insomma un lieve, educato e  dolce messaggio per dire : No all’ indifferenza al dolore e a non aver paura del Covid-19. Nonostante tutto e tutti, nonostante la comunicazione  spesso terroristica dei bollettini di "lor signori".

Pubblichiamo volentieri per i nostri lettori questo bel messaggio positivo di Anna in questo autunno improvvisamente senza colori , grigio e scuro più del famoso “ fumo di Londra”. La foto di corredo è una delle due  pubblicate da Anna per accompagnare il suo post.
(IC)

Diario d'autunno.

Stanotte ho sognato che la mia amica immaginaria di quando ero ragazzina veniva a dirmi che non l'avevo più cercata in tutti questi anni, che mi ero dimenticata di lei. Nel sogno ero accanto a un armadio pieno di vestiti di cui non ricordavo l'esistenza, penso fosse l'armadio della mia camera di Roma, quando ancora vivevo coi miei, e accanto c'era una scala, e dalla scala si vedeva un bellissimo mare ma anche un paese, e io dicevo a questo mia amica immaginaria ricomparsa ora che mi piacerebbe scrivere dei romanzi ambientati in un luogo senza nome, chiamato semplicemente il Paese, con la lettera maiuscola. Non per dire  "vai a quel paese", semmai si dice "vai a cagare", suona più elegante e meno ingessato, ma pensavo proprio a un paese come luogo ancora vuoto e da riempire di storie importanti.
Stamami, mentre facevo lezione di pianoforte, prima a una bambina di nome Emma, poi a un bambino di nome Davide, entrambi bravissimi e curiosi, mi chiedevo se esiste ancora questa strana abitudine che avevamo noi ai nostri tempi, di scegliersi un amico immaginario e portarlo dietro per anni. La mia amica, all'inizio si chiamava Lilly, aveva tanti fratelli e viveva in una casa grande vicino al mare. Lei era molto popolare tra i suoi fratelli, e i suoi genitori erano molto moderni e sportivi, andavano a fare grandi escursioni sulle montagne, o dei grandi viaggi intorno al mondo, e non avevano paura di niente. In seguito Lilly è diventata una tale Alessandra, che non aveva più tanti fratelli ma era figlia unica e viveva con la madre separata e molto fricchettona. Avevano una specie di soffitta al centro di Roma e lei studiava al liceo e al Conservatorio. D'estate restava a Roma e aveva un fidanzato violinista, e ogni sera andava ad ascoltarlo mentre suonava sulla prua dell'isola Tiberina, sul Tevere, ed era un grandissimo amore. Lei un po' mi assomigliava, tranne sul fatto della madre separata e figlia dei fiori, con cui ogni sera facevano diverse feste nel terrazzo invitando tutta gente strana di una certa Roma di allora, beh, anche di adesso. Gente sempre coi sandali, che fumava sigarette fatte a mano, con una tranquillità nel parlare di sesso che a casa mia avrebbero chiamato i carabinieri solo all'idea. Forse erano un po' ridicoli, ma avevano a cuore le vite svantaggiate o di chi subiva dei torti dal destino, tali da non potersi rimettere dritti sulle gambe e camminare da solo. Ho avuto questa amica immaginaria fin che non sono diventata grande, parecchio grande, direi persino l'università. Poi piano piano ci siamo allontanate. Alla fine mi sembrava che le persone che a quel punto avevo coltivato nella vita reale fossero anche più interessanti, e che non ci fosse più bisogno di andarne a cercare di immaginarie. Poi tutto sommato, io e questa Alessandra avevamo finito per assomigliarci abbastanza e poteva anche andar bene il fatto di fonderci, tra immaginazione e vita vera. Di diverso da lei di sicuro avevo, e ho continuato ad avere, il fatto che sia lei che quella di prima, Lilly, erano entrambe molto buone, molto generose, molto empatiche con gli altri, cosa che io no. Pronte sempre a tendere una mano e a farsi autrici di un'azione che facesse bene alle persone meno fortunate di loro due, delle mie due amiche immaginarie. Cose che io no. Perché forse nella realtà solo in pochi ci riescono e io non sono tra questi.
Tutto ciò non so perché mi sia venuto in mente stanotte.
C'erano tutte queste immagini ieri sera al Tg, queste dell'ondata autunnale del Male con cui stiamo entrando sempre più in confidenza, anche se non certo in amicizia. Queste immagini mi sono sembrate ancora peggio di quelle di primavera, ma a inquietarmi è stato il fatto di non sentirmi nemmeno più troppo scioccata, non dico abituata, ma una via di mezzo. Io non voglio abituarmi alla paura. Non voglio abituarmi al numero di contagi quotidiani, non voglio abituarmi a questa schiera di stati d'animo che, a poco a poco, stiamo imparando: la tristezza, la rassegnazione, la rinuncia, la chiusura, o peggio, il distacco, l'indifferenza, il cinismo, l'egoismo, la depressione.

Voglio coltivare l'empatia, la compassione, lo stupore, il restare annichilita quando attorno a me vedo avanzare il dolore e vedo soprattutto l'indifferenza al dolore. Forse c'è bisogno di coltivare un po' di sana finzione, ma non nel senso di essere finti, bensì nel senso di andare a cercare delle vite anche inesistenti, che però siano il più vicino possibile a come ci piacerebbe essere. Così, potendoci dialogare, o potendo spulciare le loro esistenze inventate, potrebbe venirci voglia di imitarle. Come quando da bambini imitiamo un po' le vite, le parlate, i modi di fare di certi amici di scuola che ci piacciono.
Era una riflessione un po' così. Queste foto le ho fatte poco fa, mentre c'era ancora luce e avevo appena rigovernato la cucina dopo un pranzo di famiglia allargata. Sì ecco, in questo senso forse un po' buona sono anche io. Ora tocca andare a spulciare quel maledetto bollettino di guerra delle 17.30. Vorrei tornare all'età delle amiche immaginarie.

Anna Cherubini