L’Etruria

Redazione

Strage di Falzano: il racconto di Gino Massetti , unico sopravvissuto.

In esclusiva per L’Etruria

Strage di Falzano: il racconto di Gino Massetti , unico sopravvissuto.

Sabato 27 giugno ho partecipato con attenzione e commozione alla bella manifestazione svoltasi a Falzano per commemorare le vittime della strage nazifascista del 27 giugno 1944. Il momento più alto della manifestazione è stato la testimonianza dell’unico sopravvissuto, Gino Massetti.Una testimonianza che  è stata per tutti i presenti una grande lezione di Storia. Ecco la trascrizione dalla viva registrazione del mio telefonino, che per fortuna avevo a portata di mano, di quanto ha detto questo nostro concittadino novantenne, che si è ottimamente inserito al momento giusto nella narrazione che stava facendo Mario Parigi, studioso e storico del nostro novecento.

E qui , se permettete, continuo io. Eravamo più di una decina di persone rastrellate  durante il giorno in questa parte della montagna cortonese. Ci misero al muro davanti a questa casa contadina ed io riuscii a scappare di nuovo nel frattempo che arrivarono dei cittadini, portati dai tedeschi, con delle casse sulle spalle: era la dinamite che poi misero nella casa colonica, preparando queste mine. A me mi ripresero a cento metri da qui sul campo prima della chiesa e mi riportarono qui. Terminato il lavoro di questa dinamite (erano diverse casse, forse una ventina), vennero qui due tedeschi, sempre con i mitra puntati e ci buttarono là dentro. Uno alla volta ci buttarono dentro la stalla. Io non mi rassegnai, ero il più sveglio, erano tutti un po’ anziani gli altri. Riuscii a scappare di nuovo, ma mi ripresero subito un'altra volta e fui buttato dentro anch'io. Premetto una cosa. Prima di arrivare qui, dopo che ci ebbero catturati, ci portarono alla fattoria de l'Aiola, dove c’è la villa. Ci misero tutti in fila al muro e ci dovevano fucilare lì. Ma sopraggiunse un ufficiale tedesco con il sidecar:arrivato lì dalla strada, vide questo lavoro. Emise un grido di sospensione e sospesero di fucilarci. Ritirarono i due nuclei di soldati pronti per sparare. Poi ci portarono qua. Io scappavo di nuovo da sotto le braccia, ma mi riprendevano sempre. Sigillarono questa casa colonica. Sentii dalla stalla che correvano. Fischiarono le orecchie. Ero coperto e stretto. Non mi muovevo. Sentii un grido. Quegli  altri intorno spirarono, erano dieci o undici, tutti morti. Io  fortunatamente vivo rimasi nove ore sotto le macerie. Ero arrivato alla fine anch’io. Non respiravo più. Non potevo muovermi perché avevo due morti sopra , così a traverso, che mi hanno salvato, ma con le mani cercavo di pulirmi la bocca dai detriti e dalla polvere per respirare meglio in quanto fui fortunato che  una pietra grossa,un architrave, si intraversò e mi riparava la testa e creava una bolla d'aria.  Sono rimasto nove ore sotto a tutte queste macerie. Quando stavo per andarmene, sento un fruscio , dei passi di persona sopra di me. Capii che non era un tedesco. Mi misi a gridare allora con il poco fiato rismasto. Prima stavo zitto, non solo perché non c’avevo il fiato, ma avevo paura che i soldati tedeschi mi venissero a sparare. Ma poi  sentito questo fruscio, questo camminare di donna sopra di me, gridai e quella donna cominciò a scavare tra i sassi … era quella signora che mi ha scoperto e piano piano mi ha tirato fuori da lì. C’era un altro uomo che l'aiutò a tirarmi fuori. Mi tirarono fuori. Mi presero e mi caricarono sulle spalle e mi portarono su in quella zona chiamata Cetille,  qui vicino. La mia vita è stata cambiata per sempre. Fui infermo per un anno, ma  mi ripresi e poi dopo, quando avevo 17 anni, mi sono arruolato nell’Arma dei carabinieri, dove ho fatto 47 anni  come maresciallo comandante di reparto per l’Italia. Ed oggi eccomi qua. Ringraziamo Dio.”

Un racconto commosso, anche se senza lacrime, filtrato attraverso 76 anni, durante i quali chissà quante volte il pensiero e il cuore, anche senza volerlo, saranno tornati a quei momenti. Un racconto senza celebrazioni, né condanne, senza rancore e senza odio, se non contro l’irrazionalità della guerra. Nell’intervento non compaiono tentativi di interpretazione, né la ricerca delle cause o delle conseguenze,e men che meno l’enfasi in cui si rischia di cadere quando si guarda al passato. Il racconto dei fatti nella loro tragica semplicità suggerisce, tuttavia, un grande insegnamento: l’imperscrutabile disegno della Storia, che sembra procedere sempre per suo conto, senza tenere in considerazione gli uomini, che credono di farla la Storia, mentre spesso la subiscono.  E all’uomo resta un’unica possibilità di “farla” la Storia, quella di costruire la pace e la solidarietà tra gli uomini.  

Ivo Camerini