L’Etruria

Redazione

Amarcord: “com’ era bella e grande la mia Cortona!”

Il quasi centenario Mario Molesini, fornaio del novecento cortonese ci regala ricordi, nomi e fatti degli anni 1930-1980 della nostra città.

Amarcord: “com’ era bella e grande la mia Cortona!”

Martedì 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, verso le diciotto, passando in Piazza della Repubblica a Cortona, mentre in Palazzo comunale si omaggia  il viceministro al Tesoro che è venuto nella nostra città per illustrare l' importante finanziamento che dovrebbe risanare la Diga della Cerventosa e quindi mettere in sicurezza gli approvigionamenti di acqua pubblica cortonese, scorgo seduto nella zona d’ ombra della Piazza del Comune a godersi un po' di fresco e di chiacchiere paesane il quasi centenario signor Mario Molesini.

Mi avvicino a salutarlo e, anche se ci conosciamo solo di vista, gli dico che il nostro comune amico don Ottorino Capannini, mi ha chiesto di intervistarlo sui suoi ricordi di fornaio cortonese e di cittadino che tiene in mente tanti nomi, fatti e vicende di vita cortonese degli anni 1930-1980.

Mario, novantotto anni ben portati, nonostante il recente tradimento delle gambe che lo costringono a muoversi su di una sedia a rotelle è uno dei due o tre fornai  della Cortona del Novecento. Un Novecento cortonese che egli, come panificatore d’ eccellenza, ha attraversato per lunghi decenni (esattamente dal 1938 al 1982, cioè da quando arriva bambino veneto  a Cortona a quando la burocrazia Usl chiedendogli esosi ammodernamenti dello stabile costrinsero lui e il fratello Dionisio alla chiusura definitiva del forno.

E proprio su questi decenni cortonesi mi dice subito,sorridendo fiero e facendomi un occhiolino meta politico: “ La mia Cortona di quegli anni era davvero bella. Una grande città piena di vita sociale, economica e religiosa, mica come quella di oggi che è solo un grande museo all’aria aperta pieno di voci straniere e senza più popolo cortonese; naturalmente  a parte poche famiglie che resistono e noi pochi anziani che, nonostante le tante difficoltà, ancora viviamo qui e veniamo ancora in piazza per fare quattro chiacchiere e per vedere i forestieri che calpestano di corsa le nostre sacre  lastre senza mai interessarsi alla vita popolare della città”.

Nato a Castelnuovo di Verona ( dal 1970 Castelnuovo del Garda) il 16 febbraio 1928, Mario Molesini è figlio del falegname Baldassarre e della bottegaia Virginia. Proprio la mamma Virgina nel 1936 acquista in Cortona una bottega di generi alimentari facendo subito buoni affari e quindi chiamandovi nel 1938 tutta la famiglia. Proprio nel 1938 Mario arriva nella nostra città assieme ai fratelli Dionisio, Giovanni, Egidio e alla sorella Teresa. Da bambino obbediente, ma vivace qual è, si iscrive alla quarta elementare, ma a scuola non la smette di parlare il suo naturale dialetto veneto e, dopo aver  rimediato una solenne bocciatura, decide di troncare gli studi e di andare a lavorare  al forno che i fratelli Egidio e Dionisio avevano aperto in Vicolo Laparelli. Lì impara velocemente il mestiere e, quando nel 1940 il fratello Egidio viene chiamato come soldato e destinato sul fronte africano, Mario da aiutante diventa fornaio vero, anche se ancora adolescente.

Mario è fiero del suo mestiere di fornaio che sa fare un buon  pane e tanti altri buoni prodotti lievitati come croissant, torte e pasticceria varia. Questo suo amore per il lavoro di fornaio andrà avanti ininterrottamente fino al 1982 quando, per una ottusa decisione dell’allora dottor sanitario, lui e il suo fratello  decidono di chiudere il locale. Una chiusura , Mario ci tiene a precisarlo perché sono già in essere  gli anni dello spostamento   di tutte le attività produttive da Cortona città verso il centro urbano di Camucia, che, dal 1960 al 1980, è nel pieno di quella  tumultuosa espansione urbanistica, che svuoterà di popolo e di vita sociale la nonna di Roma.

La mia Cortona di quand’ero ragazzetto (e poi giovane  fornaio) aveva oltre cinquemila abitanti; dentro le mura c’erano una ventina di negozi alimentari, tre forni e tantissime botteghe artigiane. C’erano tanti falegnami, muratori,imbianchini, sarti, calzolai e pure un arrotino. C’erano tantissimi negozi e nel 1964, quando mio fratello Egidio muore in Cortona c’era ancora tanta gente e tanta vita economica e civile.C’era anche tantissima vita religiosa. Preti, frati e suore  erano il sale e la guida culturale di una città fondata sulla civitas cristiana. C’era un seminario con molti allievi seminaristi e noi ragazzi si andava spesso a giocare a pallone con loro sia nei piazzali di Santa Margherita e di Santa Maria Nuova sia nel campo grande che stava in fondo al parterre. Ricordo che noi ragazzi laici si perdeva sempre nel gioco al pallone, anche perché i nostri coetanei seminaristi portavano la tonaca e quando prendevano il pallone spesso lo nascondevano sotto la tonaca andando facilmente in goal. Ma si giocava per divertirci e si restava sempre amici e , nonostante queste furbate da futuri preti, ci si stimava e voleva bene. Dopo la morte di mio fratello le varie botteghe dei Molesini si dividono secondo le varie famiglie e io continuo a tenere con Dionisio il forno e a fare il pane fino al 1982”.

Con quella chiusura  Mario si ritira dal lavoro attivo e vive nella sua casa cortonese con la moglie Rosina Billi, che nel matrimonio gli ha regalato le tre amate figlie Patrizia, Emilia e Cinzia, che anche loro vivono nella nostra Cortona. Mario mi ricorda con parole di grande affetto la cognata Bruna e la sua figlia e nipote Annarita che negli anni 1970 si trasferirono a Peschiera del Garda e dove ancor oggi vive la professoressa Annarita. Cioè la “ graziosa perla”  che Mario vorrebbe andare ora a trovare, anche per rivedere i suoi luoghi natii. Un viaggio che,  prima il Covid e oggi i problemi  di deambulazione, gli impediscono di realizzare e che quindi rimane un forte desiderio che egli vorrebbe però concretizzare.

Tanti sono i ricordi che, nella mezz’ora di conversazione, Mario mi affida, ma non è possibile riportarli tutti, perché ci vorrebbe l’intero giornale a disposizione. Ce ne sono due però che volentieri trascrivo.

Dall’ottobre 1943 al giugno 1944 ho vissuto, con paura come tutti,  l’occupazione della nostra città da parte dei tedeschi nazisti e dai fascisti che li avevano accolti. Tante sono le cose brutte accadute in quei mesi. Io ho rischiato due volte di essere preso dai tedeschi e messo al muro o spedito in Germania. Mi sono salvato sempre perché il mio mestiere di fornaio che faceva il pane per tutti e quindi anche per i tedeschi una volta mi ha protetto quando una sera mi presero nella via di Borgo San Domenico dove avevano l’accampamento e dove ero andato per sapere quando pane volevano l’indomani mattina. E un’altra volta , sempre di sera, alla Croce del Travaglio quando ormai quasi in fuga da Cortona alcuni tedeschi volevano saccheggiare il negozio di orologi del Brunori. Quei cinque soldati tedeschi presero me e altri due giovani cortonesi che passavamo di lì per aiutarli a sfondare la porta del negozio. Mentre ci davano le mazze per abbattere quella porta che resisteva , passò mio fratello fornaio che conoscendo bene uno dei soldati tedeschi gli disse di lasciarmi andare perché dovevamo andare al forno a fare il pane per loro. Non ho mai saputo se poi i tedeschi riuscirono a saccheggiare o meno  la bottega da orologiaio del Brunori. Il tre luglio 1944 condivisi con tutti i cortonesi la gioia di vedere entrare in città i soldati inglesi liberatori che entrarono da via Roma con tre carri armati e un camion che occuparono piazza del Comune. Due si fermarono qui dove siamo seduti ora e una prosegui fino a Porta Colonia dal cui piazzale sparò alcune cannonate sui tedeschi che al Sodo stavano minando il ponte sul fiume Loreto e li fece desistere. Altri inglesi, accolti con gioia da tutti i cortonesi scesi in strada entrarono in piazza percorrendo Rugapiana assieme ai nostri partigiani che erano arrivati dalle montagne di Ginezzo e di Sant’Egidio. A proposito della nostra montagna, che tanto contribuì alla lotta contro i nazisti e i fascisti, devo ricordare a tutti che proprio il suo spopolamento, avvenuto e politicamente favorito negli anni 1958-1978, ha causato forse la decadenza delal città di Cortona, che nel mercato del sabato e in quello di mezza settimana, al mercoledì, vedeva le sue strade e i suoi vicoli pullulare di montanini intenti a mercanteggiare, a fare affari con i loro prodotti e ad acquistare le merci che servivano loro per la loro vita agricolo boscaiola e di allevatori di maiali, pecore, bovini ed equini”.

Grazie Mario per questi suoi ricordi e speriamo che il Signore gli dia ancora lunga vita. I suoi ricordi ci dimostrano che è pura verità il detto che quando muore un anziano, muore un’intera biblioteca,  rendendo povera quella terra, quella piccola patria. Come sempre dico , senza memoria del passato non c’è futuro buono e allora una proposta al nostro assessore comunale alla cultura: perché non investire qualche risorsa per intervistare i nostri centenari e novantenni, pubblicando poi  le loro memorie in un libro da regalare a tutti gli studenti delle scuole cortonesi? Io il sasso lo lancio senza nascondere la mano e a viso aperto. Spero tanto che chi di dovere voglia rispondere non tanto a me , ma ai nostri lettori e ai tanti che amano Cortona, il suo popolo, la sua civitas.

Nella foto collage di corredo, Mario Molesini in piazza del Comune con le sue amiche cortonesi.

Ivo Camerini