L’Etruria

Redazione

Franco Rossi ed Andrea Ben: ultimi montagnini cortonesi

Omaggio a due testimoni della vita silvestre ed eredi della grande civiltà montanara cortonese che risale ai secoli dell’Alto Medioevo

Franco Rossi ed Andrea Ben: ultimi montagnini cortonesi

Pochi sanno dove si trova Montimaggio ( o Monte Maggio ) di Cortona. Un borgo sperduto tra i boschi e le selve del Monte Ginezzo che guarda e scende verso l’Umbria ed il Tevere che scorre nelle amene valli di Città di Castello. Non molti infatti si avventurano oggi in quello che fu uno dei più floridi villaggi monastici dell’Alto e del Basso Medioevo.

Domenica 31 maggio, dopo aver disceso  la stretta e tortuosa strada comunale di Seano, rimessa a posto dopo tanto tempo di interruzione dovuta alle frane degli ultimi due anni, ho  attraversato il Minima e mi sono inerpicato per la stradina sterrata vicinale che conduce a Montimaggio. Dopo dieci minuti di immersione tra cerri e castagni secolari , tra una vegetazione da foresta tropicale mi son trovato davanti all’ingresso del podere atavico del giovanotto settantenne  Franco Rossi, che, a partire dalla metà degli anni 1980, ha trasformato  questo posto fuori dal mondo in un paradiso da romito medioevale e in una attrezzata e moderna azienda di selvicoltura cortonese. Una azienda  che ha mantenuto viva e attiva la secolare civiltà contadina, pastorale e boscaiola  della nostra montagna. Una montagna  oggi,purtroppo, sempre più abbandonata e  lasciata al dominio  di lupi, cinghiali e caprioli che ormai la fanno da padroni su questo territorio cortonese che ancora nel primo Novecento era super popolato e annoverava  oltre dieci chiese e campanili. Chiese e campanili, nei secoli passsati, simboli vitali di villaggi  antropicizzati in ogni angolo e ricchi di pecore, capre e pregiati  maiali allevati da pastori ed agricoltori cristiani che scandivano il loro quotidiano al suono delle campane e guadagnavano il pane con il sudore della loro fronte. Ma chiese e campanili oggi quasi chiusi e abbandonati all’incuria a causa di una emigrazione che , a partire dalla fine degli anni 1950, ha spopolato i nostri amati e meravigliosi monti cortonesi. I  giorni e le notti di questo angolo di paradiso toscano ai confini con l’Umbria (che, tra l’altro, da oltre un decennio ha visto restaurato e trasformato in splendida villa estiva l’antico monastero delle monache benedettine che vi si erano insediate nel lontano 1100)  sono  oggi ancora vivi ed ospitali solo grazie  a Franco Rossi e ad  Andrea Ben.

Il primo, nato il 14 ottobre 1946, un cortonese  settantaquattrenne sempre gioviale e sorridente, che, con sapienza e tanta capacità pratica ha saputo trasformare le sue terre e i suoi boschi in una moderna azienda di selvicoltura montana da far invidia alle più rinomate e note imprese di legname  e paleria alpine o nord europee. Il secondo un forte e robusto polacco quarantesettenne , nato il 22 giugno 1974 a Kentvzyn in Polonia e arrivato in Cortona nel 1997 ospite del mitico don Ferruccio Lucarini e che agli inizi del nuovo secolo si è stabilito nella nostra montagna come instancabile , provetto lavoratore del bosco e cultore del vivere agricolo tradizionale all’aperto e in zone montane.

La mia visita è stata stimolata dal desiderio di rivedere un posto che tanto mi ha affascinato quando ero bambino e ci accompagnavo a piedi per il vecchio sentiero , viottolo-tratturo d’epoca medioevale che correva lungo il Minima,  il mio babbo Gigi che intratteneva rapporti di amicizia e di scambio di manodopera con Mariano Rossi e Giuseppina Massetti, genitori di Franco.

La mia è stata però una visita dell’ultimo momento originata dall’invito fattomi da Franco e Andrea di andare ad  assaggiare le loro ciliegie e visitare  Bella e Laky,  le due splendide caprette cashmere di mio figlio e mia nuora che nei mesi invernali e di lokdowan hanno trovato rifugio da loro, dopo essere scappate dalla  stalla  e dal recinto in una giornata di maltempo e forse anche di disturbo di qualche animale selvatico.

Ad accogliermi c’è Andrea in quanto Franco è al lavoro nella sua amata e ben curata marroneta. Andrea mi permette di accompagnarlo mentre governa gli animali che allietano la vita romita di questi due testimoni  di un vivere fuori dal tempo e immerso nella semplicità di un quotidiano quasi francescano, fatto di tanta fatica, ma soprattutto di una vita lenta scandita dal sorgere e dal tramontare del sole, dai versi e dai suoni degli animali, dal fruscio o dal sibilo del vento, dalla danza rilassante o dal rumore pauroso della pioggia, dal caldo del sole estivo o dal freddo del sole invernale. Qui a Montimaggio infatti  il paradiso terreno è palpabile, reale  in ogni stagione , anche in quella  dura   e difficile dell’inverno della galaverna e delle fredde nevicate.

Inoltre  questo versante del monte Ginezzo, oltre alla casa in pietra ben restaurata di Franco e con il mulino medioevale (gestito ancora nel primo novecento dalle nonne Stella e Rosa)  sotto i suoi campi terrazzati che degradano sul Minima,  offre al visitatore anche l’opportunità di fare piccole escursioni a piedi fino all’antico complesso conventuale delle monache benedettine (oggi splendida villa per vacanze esclusive e riservate) oppure più in su fino alla casa contadina  della giovane coltivatrice Valentina  Marinoni e della sua mamma, che venne qui ad abitare dalla lontana Lombardia, sul finire degli anni 1970, con il marito ex-metalmeccanico e grande artigiano della lavorazione del ferro.

A proposito di questo monastero di  monache benedettine, la cui superiora anticamente portava il titolo di Contessa di Monte Maggio va precisato, per gli amanti della montagna cortonese, che questo complesso conventuale era molto importante, anche se della  sua storia si conosce molto poco. In uno dei pochi testi che ne parlano cosi viene descritto questo monastero: “trovasi situato sul rovescio della montagna di Cortona, da cui è circa 6 miglia toscane a levante-grecale fra le più alte sorgenti del torrente  Seano , in mezzo ad un selvoso orrido deserto verde confinante a grecale con la legazione di Perugia dello Stato pontificio. Con atto pubblico del 1 maggio 1226 donna  Beatrice, badessa del monastero di S. Maria a  Monte Maggio  sottopose il suo asceterio con tutti i beni all'accomandigia del Comune di Cortona nelle mani del suo potestà Alberto da Montauto, il quale ricevè per il Comune di Cortona tutto ciò che quel monastero possedeva nella corte di Ranza ,dal Mulino della pieve di Falzano  e di là venendo verso Cortona.( ….) Le poche monache del Monastero di Monte Maggio nel 1305 furono riunite a quello delle Benedettine di S. Maria Nuova nel Borgo S. Vincenzo fuori di Cortona, per cui questo ebbe il titolo  delle Contesse”.

Fatto questo dovuto richiamo storico, ritorniamo a Franco e  Andrea.   Andrea lavora al bosco con le sua  potente motosega dalla lama di un metro (come mostra una foto di corredo) e  accudisce gli animali.  Franco organizza l’azienda e cura soprattutto la sua marroneta. Insieme lavorano il loro legname e la paleria , senza disdegnare l’antica carboneria e la raccolta dei prodotti del bosco , come gli squisiti funghi porcini di cui Franco, come si vede in un’altra foto, è un provetto e impavido cercatore.

Nel cancello d’ingresso della sua bella casa Franco ha realizzato come cornice del cancello di accesso la bella scritta in ferro battuto: “Benvenuti amici”.

Una scritta che è davvero una bella bandiera issata in una casa cortonese, piena di storia e di vita pastorale, oggi dimora amata e tenuta viva con tanti sacrifici dal montanaro cortonese Franco Rossi e dal suo amico polacco Andrea Ben, padre di Paolo (che vive a Camucia con la mamma Margherita) e di Caterina, che è tornata a vivere con il marito in Polonia e che tra pochi mesi lo renderà nonno.

Una bella scritta che mi permette di concludere questo mio omaggio giornalistico, parafrasando il famoso inviato di Striscia la Notizia , Davide  Rampello: “ Venite a Montimaggio,  non come turisti, ma come ospiti graditi e ben accolti da Franco e da Andrea”.

Ivo Camerini