L’Etruria

Redazione

A quando le Comunità energetiche?

I COMUNI HANNO ENERGIA DA VENDERE (NON DA COMPRARE). Se ne discute a Montecitorio il 13 luglio

A quando le Comunità energetiche?

Le Comunità Energetiche sono insiemi di persone o enti che condividono lo sfruttamento di una stessa fonte di energia rinnovabile. Comuni, piccole e medie imprese, famiglie, scelgono quindi la via della produzione di energia dal sole, dall’acqua, dal vento, dagli scarti vegetativi e la condividono all’interno dello stesso territorio. In questo modo riducono la dipendenza dalla dalle fluttuazioni del mercato internazionale dell’energia.
Si tratta, quindi, di innovativa concezione di consumo e sviluppo, che combatte gli sprechi e favorisce la creazione di plusvalore sociale. Da tempo affermatesi all’estero, le Comunità Energetiche stanno finalmente diventando una realtà anche in Italia, grazie alle semplificazioni normative in atto e i fondi del PNRR.
Con le comunità energetiche l’energia ceduta in rete può essere messa a disposizione della comunità circostante, rendendola una risorsa per tutta la cittadinanza.
Grazie al PNRR i comuni italiani con meno di 5.000 abitanti possono sperare in un futuro migliore grazie all’avvento delle comunità energetiche rinnovabili ma la condizione di fragilità in cui si trovano rischia di compromettere “l’ultima chiamata” per evitarne lo spopolamento.
Eppure ci sarebbero tutte le condizioni per invertire un trend che fino alla pandemia appariva irreversibile, infatti, sembrerebbero decadute le motivazioni che hanno indotto nel secolo scorso milioni di italiani ad abbandonare il paese natio preferendo le periferie spesso degradate delle città.
La causa? I soldi.
Lo hanno fatto per assicurare un presente alla propria famiglia.
Dopo il confinamento del 2020 tutto è cambiato. Lo stile di vita oggi prevale sul lavoro che potendo essere effettuato anche da casa ha rilanciato l’idea di un grande controesodo dai condomini nelle periferie alle villette con giardino nei centri più piccoli che si sono dimostrati più resilienti.
Ma cosa manca per combattere lo spopolamento? Ancora i soldi.
Soldi per rendere vivibili i paesi, per riqualificare il patrimonio immobiliare e accogliere famiglie con figli, per la connessione ultra veloce, per alzare il livello dei servizi sociali, culturali e sanitari ma soprattutto per progetti esecutivi finalizzati all’ottenimento dei finanziamenti pubblici per competere con la qualità dei servizi che le città assicurano.
In questo primo semestre del PNRR emerge chiaramente che i sindaci hanno le idee chiare su cosa occorra per il futuro delle loro comunità ma non hanno gli strumenti per attuarle.
Cosa gli mancano? I soldi, ancora una volta, perché il PNRR che ne ha tanti, ma senza progettazioni esecutive è inaccessibile.
Le comunità energetiche possono risolvere alla radice il problema dei soldi perché oltre a spegnere le fonti fossili e risolvere l’annoso problema energetico, ne portano tanti, fino a quando sole, acqua, vento, e gli altri elementi naturali saranno gratis. Al sud un impianto fotovoltaico da 1 MW genera fino a 9 milioni di euro di ricavi, oltre 4 di utile a fronte di un investimento di 1,5 milioni circa. Se tra i produttori di energia ci fosse anche l’ente locale eliminerebbe dal proprio bilancio le voci di spesa per illuminazione, depurazione e riscaldamento che superano anche il 10%  dei costi annuali, inoltre, potrebbe cedere l’eccedenza produttiva ai propri concittadini generando, al contempo, un risparmio per famiglie e imprese, oltre che un ulteriore ricavo. I risparmi energetici e la vendita di energia diverrebbero da subito la prima entrata locale di un comune, per sempre.
Ma vi sono barriere fisiche, finanziarie e burocratiche da rimuovere per evitare che lo sforzo progettuale dei comuni venga ancora una volta mortificata, come avvenuto per il bando rigenerazione culturale sociale economica dei borghi.