L’Etruria

Ufficio stampa

La disperata e dimenticata situazione dei 120 cassintegrati della Cantarelli

Grido di dolore delle lavoratrici dell'azienda che scrivono alla stampa

La disperata e dimenticata situazione dei 120 cassintegrati della Cantarelli

«Invisibili e dimenticati da tutti. Così possiamo definirci, mentre prendiamo atto che noi appartenenti alle maestranze in cassintegrazione della ditta Cantarelli di Rigutino-Terontola – ben 120 persone! – sembriamo non esistere nelle cronache.

Spesso infatti i media locali parlano della Cantarelli ma riferendosi solo ai dipendenti rimasti, insomma a quelli che il lavoro ce l’hanno ancora. Buon per loro, intendiamoci. Ma la nostra situazione è ben diversa e dobbiamo dare voce anche a questa.

E’ una situazione fatta di incredibili problemi come: mancata 13^ del 2014; mancata mensilità di gennaio 2015; mancata 1^ settimana del febbraio 2015; dall’aprile di quest’anno cassa integrazione mai arrivata, se non fosse per lo sportello anticrisi della Provincia che ne anticipa una parte (circa l’80%); ammortizzatori sociali non scattati o in ritardo.

Tutto ciò – e anche molto altro su cui non ci soffermiamo in quanto attiene al clima di tensione interpersonale che i vertici aziendali non hanno certo contribuito a mitigare – ha provocato a noi e alle nostre famiglie una situazione economica a dir poco disastrosa.

Un disagio sempre maggiore che si alimenta del fatto di apparire privo di alcuna prospettiva, mentre cerchiamo di sopravvivere con l’equivalente di circa 600 euro al mese!

Un quadro – è bene ricordarlo – a tutti noto, in ogni suo risvolto: all’azienda, ai sindacati, al tribunale, al commissario ecc.

E tutto questo dopo innumerevoli prove di dedizione all’azienda e di abnegazione nello svolgimento delle nostre mansioni, senza mai esserci risparmiati le ore in più (non compensate e spesso sottratte ai rispettivi ambiti familiari), la gravosità dei compiti richiesti ecc, nella convinzione – purtroppo vana – che tanto impegno e sacrificio potessero contribuire alla continuità lavorativa dell’azienda.

Vorremmo gridare “BASTA!”, se solo ci fosse qualcuno (lo Stato?) ad ascolatarci!

E allora non possiamo che affidarlo a voi, il nostro grido di dolore, pregandovi di rilanciarlo, affinché questa immensa vergogna finisca subito e si provveda almeno alla più tempestiva puntualità nel ripianare le mancanze sopra elencate!»