L’Etruria

Redazione |

Le Due Italie

Le Due Italie

Sono davanti la televisione e sto piangendo. Non di dolore ma di emozione. E’ appena passato un servizio su un medico rianimatore dell’ospedale di Bergamo che, colpito da Corona virus, è stato in coma due giorni e poi ne è uscito fuori. Aveva salutato i suoi quattro figli che non avevano del tutto capito il senso delle parole del padre, solo il diciottenne aveva intuito qualcosa, e poi si era affidato ai suoi colleghi. Ha descritto minuziosamente e lucidamente la sua esperienza facendoci capire l’altissima specializzazione del personale, le diverse e complesse apparecchiature utilizzate e la durissima esperienza fisica che ha dovuto sopportare. Si è fatto sedare consapevole che forse non ne sarebbe uscito, che forse non sarebbe tornato a casa. Poi, per fortuna, si è accesa una luce e lentamente, molto lentamente, è tornato tra noi.

Appena è stato possibile ha chiesto di essere spostato in un altro reparto a minore intensità di cure per liberare il macchinario che lo sosteneva a favore di qualche altro paziente più grave. Questo è l’uomo.

Ora, in collegamento da casa, con il viso ancora provato ma sereno, candidamente spiegava che scalpitava per rientrare in reparto e riprendere il suo lavoro. Alla domanda dell’intervistatore sul perché di questa voglia dopo quello che aveva passato la risposta era stata disarmante: “E’ il mio lavoro, lo amo, l’ho scelto perché desidero aiutare gli altri e voglio continuare.” In sostanza un eroe, dei nostri tempi, molto umile ma un eroe.

Ora, a parte la mia conclamata iper sensibilità che genera lacrime “buone”, mi chiedo, ma è la stessa Italia di quella persona che passeggiando in una spiaggia si riprende dicendo beffardo “ andiamo a contagiare….” o la stessa Italia di quei ragazzi che insieme a tanti altri si fanno un aperitivo e all’intervistatore, con aria annoiata e anche un po' ironica rispondono “ ma ho 25 anni, non posso stare a casa la sera”.

E’ un’interpretazione spensierata del pericolo o solo una allegra banalizzazione generata dall’indifferenza e dalla paura?

No, non è la stessa Italia. E non c’entra niente il Nord e il Sud, queste differenze di comportamento sono uniformemente diffuse.

Ma credo che bisognerebbe portare idealmente questi ultimi due personaggi e i loro amici complici in un ospedale e fargli “ toccare con mano” quello che accade, bisognerebbe fargli capire che, con i loro comportamenti, mettono a repentaglio non solo la loro vita della quale sono indiscutibilmente padroni, ma anche la vita dei loro cari, dei loro amici, delle persone che incontrano inconsapevoli per strada, di quelli che li dovranno curare.

E tutto questo per un aperitivo o per una passeggiata. Boh!

E poi rivedo la foto dell’infermiera “crollata” per stanchezza sulla tastiera del computer. Un capolavoro.

E’ un’immagine forte dell’altra Italia, di quell’Italia che ci fa gonfiare il petto e genera di nuovo “furtive” lacrime inaspettate. Della stessa Italia che fa fare dai terrazzi concerti, flash mob, cori, e mille altre iniziative con base “ siamo italiani, siamo uniti e ce la faremo.”

Sono orgoglioso di essere italiano sempre ma in questo momento di più, non siamo più pizza e mandolino, sole e mare, inaffidabilità e leggerezza ma siamo il “modello italiano” che in tutto il mondo copiano e migliorano, siamo improvvisamente diventati il riferimento “serio e riconosciuto” per molti altri popoli che guardano a noi con speranza perché noi, in Europa, siamo stati i primi a iniziare la battaglia contro il virus e siamo ancora i capi fila nella scelta delle misure che permetteranno, a chi lo vorrà, di evitare migliaia di morti inutili.

Torniamo ai singoli, torniamo a noi. E’ il momento di dare e non di pretendere solo. Dobbiamo riequilibrare il nostro baricentro personale rimettendo “la chiesa al centro del villaggio”, le cose giuste al punto giusto, le cose che contano veramente al centro dei nostri pensieri. L’egoismo non salva nessuno contro una malattia che impone, come ultimo sfregio, la solitudine al momento della morte, non i tuoi cari vicini, non i tuoi affetti, ma solo disperazione e poi nulla.

#iorestoacasa

Fabio Romanello