L’Etruria

Redazione |

Un pensiero sul Turismo a Cortona

Dubbi e proposte per creare la città del domani

Un pensiero sul Turismo a Cortona

Quando si parla di turismo non sempre vengono prese in considerazioni le aspettative dei diretti interessati, cioè dei turisti stessi. Spesso si presume che certe cose piacciano, altre volte si pone attenzione sulla certezza che alcune offerte siano senz'altro accettate in quanto valide in altri contesti o, ancor peggio, ci si basa sull'esigenza di alcuni senza contare le effettive richieste di altri.

 

Con questo scritto accetto la sfida di confrontare le esigenze “turistiche” manifestate da “dotti” viaggiatori dei secoli scorsi, con quelle dei turisti di oggi. 

 

Per fare ciò prenderemo spunto e ispirazione dal libro che si intitola “Cortona e la Valdichiana- Diari di Viaggio 1860 -1924”, inserito in una collana denominata “Le città ritrovate”, edizione fuori commercio pubblicata nel 1998 della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio.

 

Prima di entrare nel dettaglio, ricordo che i racconti a cui faremo riferimento sono stati scritti da  viaggiatori non comuni,  scrittori, saggisti, pittori, galleristi e via discorrendo per lo più di  nazionalità inglese, ma anche francesi ed americani, che espongono con schiettezza, talvolta con poesia, la loro esperienza vissuta a Cortona.

 

Il primo brano che voglio riportare, stravolge completamente l'ottica di approccio alla città di Cortona. Oggi il turista che arriva nella nostra città parcheggia l'auto nella parte bassa di Cortona ( zona mercato o spirito santo) o in zona centrale (viale Cesare Battisti o Porta Colonia- parcheggio delle Vecchie Mura) e, da ovunque provenga, arriva in Via Nazionale o nelle due principali piazze di Cortona (Signorelli e della Repubblica)... sentite cosa scrive a tal proposito Attilio Brilli, ritenuto uno tra i massimi storici della letteratura di viaggio “Un'ineludibile legge impone che le città collinari vadano sempre prese dalla testa. E' nella propaggine più alta della città, fra S. Niccolò e S. Cristoforo, che si coglie la natura più segreta e umbratile di Cortona con il suo silenzio metafisico, la sua vibrante luminosità, le vie d'erba; sia il modo in cui la città è cresciuta nei secoli in simbiosi con il colle che ha lo stesso colore dei suoi edifici o s'è accoccolata entro le proprie mura. Uno sguardo fuori Porta montanina offre uno scorcio vertiginoso e raccolto della città e della valle che ha incantato vedutisti di tutto il mondo, I due nodi sovrapposti e conclusivi della città, S. Margherita e la Fortezza del Girifalco, sembrano tenere sospeso nel vuoto il viaggiatore il cui sguardo si libra sull'intera val di Chiana, dal Trasimeno, al Monte Amiata, alle colline azzurre del senese”. Ecco il primo paradigma che stravolge completamente l'attuale percorso privilegiato che viene offerto ai turisti di oggi. Quanti visitatori di Cortona occasionali o anche abitudinari hanno visitato la parte alta della nostra Città; parimenti potremmo dire della parte bassa, prima fra tutte “Via del Gesù” per esempio? Quanti si fermano nella visita alla sola Rugapiana e alle due piazze principali? Quali indicazioni sono previste per indurre i turisti a intraprendere un diverso e più significativo percorso di conoscenza e visita delle bellezze della Città?  “ La passeggiata da questo punto (S. Domenico ndr) fino alla Chiesa di S. Margherita, ci parve superare ogni aspettativa per la magica atmosfera che esala da quei luoghi di ineguagliabile bellezza” (Katharine S. Macquoid saggista scritto nel 1905). Ecco quali sentimenti suscita la “scalata” verso S. Margherita passando dalla “Via Crucis”. “Nella gentile Italia, i Cortonesi hanno la fama di essere particolarmente cordiali e le loro figure sono più attraenti del comune e, insolitamente per gli italiani, i loro occhi sono spesso di colore azzurro o grigio. Hanno inoltre amabile e garbata abitudine di dire -Buon giorno a te-, invece di rivolgere il solo – Buon giorno - … oltre le stradine chiassose e vivaci per la presenza di bambini e pulcini … il tipico eterogeneo insieme di indumenti stesi ad asciugare fuori ogni finestra, tra gli angoli ed i passaggi. Come si può vedere, in Italia sono giorni di bucato non soltanto il lunedì, ma tutti i giorni della settimana” (Ada M. Harrison scrittrice – scritto nel 1924). Ho voluto riportare di seguito alcuni flash del racconto di Harrison per rimarcare l'importanza della autenticità del luogo visitato e della gente che vive in quel luogo, in netto contrasto con la cosiddetta globalizzazione che tutto uniforma. Il turista “appetibile” e quindi non mordi e fuggi, oggi come allora desidera scoprire la autenticità del luogo oltre che la sua bellezza e valenza artistico-culturale. Per essere autentica però la città deve essere vissuta, deve palpitare all'unisono con i cuori di tutti i cittadini che quotidianamente convivono comuni esperienze e apportano ricchezza alla storia della propria città. L'alternativa è la costruzione di un parco divertimenti o parco giochi, senza anima, senza passato e senza futuro. “ Non vedemmo un sol luogo deserto o indifferente; la gente chiacchierava in maniera animata e trafficava nelle strade, i negozi dove entrammo erano pieni di clienti... la mattina dopo scoprimmo un vivace mercato nel centro della  piazza, in collina. Il palazzo Comunale si affaccia su questa piazza animatamente colorata, sotto la loggia, dalle arance che alcune donne spargevano nei loro cesti e dai fazzoletti scarlatti, che ondeggiavano sui loro capelli. La gente non è briosa e linda come gli esuberanti perugini, anzi i cortonesi si mostrano indifferenti e a volte poco affabili con gli stranieri... (Dopo una gita a S. Margherita n.d.r.) giungemmo al più singolare borgo, un luogo di mendicanti dove tutti ci chiedevano l'elemosina e i bambini erano particolarmente insistenti” (Katharine S. Macquoid saggista americana – scritto nel 1905). Ecco come era Cortona: una città viva, vera e non schiava del turismo di massa, non soffocata dalla voglia di apparire ciò che non è. Da notare la diversa descrizione del carattere delle persone fatta da Macquoid rispetto a quella di Harrison, a testimonianza della veridicità e spontaneità degli scritti.

Nel libro sono riportate tante altre immagini della città, in parte da me trascritte già in altra riflessione. Cosa possiamo trarre da quanto fin qui raccontato?

Innanzitutto la necessità di rivedere l'offerta posta ai turisti/viaggiatori che sproni gli stessi a trascorrere più giorni a Cortona per ammirare le bellezze della città e del suo territorio. Non è pensabile dire”Ho visto Cortona” se la visita si ferma a Via Nazionale o a Piazza Signorelli! E' necessaria una campagna di informazione chiara ed esaustiva che spieghi con chiarezza quanto di bello c'è nella nostra città. Una informazione che deve essere continua ed utilizzare tutti i canali possibili. Particolarmente importante è il primo impatto che ha il visitatore occasionale entrando nella città: oggi chi viene a Cortona cosa trova? Pochissimi cartelli di indicazione dei luoghi da visitare e quei pochi non sufficientemente esplicativi, un ufficio informazioni posto in un luogo non immediatamente percepibile (non a caso un tempo l'ufficio turistico era posto lungo via Nazionale). Attualmente, se un potenziale visitatore clicca su internet la parola “Cortona”, compaiono tre siti significativi. Il primo è quello istituzionale del Comune dove non c'è riferimento al turismo, almeno ad oggi; il secondo, che propone itinerari, non è aggiornato e non è esaustivo; il terzo è prettamente commerciale. Una volta, e mi riferisco ai tempi da cui sono stati tratti i brani presenti nel libro, erano i salotti dei nobili/borghesi o dei libri di viaggio che facevano quel poco di pubblicità a piccole località amene come Cortona. Oggi è il Web innanzitutto, oltre alle agenzie di viaggi e ai grandi tour operator, che indirizzano la scelta. E' necessario quindi utilizzare al meglio questi nuovi strumenti, con informative continue, aggiornate ed esaustive, che tengano conto della vera bellezza di Cortona, che ripeto, inizia e trova origine e autenticità nella parte alta denominata Poggio e di tutte le bellezze del nostro territorio, siano esse allocate in montagna come in valle.

Altro elemento essenziale per attirare i turisti oggi, come ieri, è l'autenticità dell'offerta, In una società in cui è forte la tendenza ad omologare la vita di ciascuno di noi a modelli comuni, la vera molla che fa girare l'industria più importante di questo nuovo secolo (covid-19 permettendo) e cioè il turismo, è l'autenticità che vuol dire novità, freschezza, non conosciuto e per questo arricchente la propria conoscenza e la propria persona. Marco D'Eramo nel suo libro Il Selfie del mondo – Indagine sull'età del turismo, tra l'altro, afferma “In fondo quello del turismo è il problema della modernità: in ogni momento della nostra vita siamo alla ricerca di un'autenticità che la nostra stessa ricerca rende irraggiungibile, inautentica”. Poniamoci una domanda: Oggi Cortona, al di là delle sue bellezze antiche, è autentica? E' la stessa Cortona viva, vivace, vissuta che leggiamo nei brani dei viaggiatori dei secoli scorsi sopra riportati? I viaggiatori che vengono a Cortona trovano i cortonesi impegnati nelle attività quotidiane come un tempo accadeva o trovano una città creata su misura per il turista che cerca l'originale e trova il comune e riprodotto?

In conclusione, due sono le direttrici lungo le quali, secondo la mia lettura del libro “Cortona e la Valdichiana – diari di viaggio 1860 – 1924” dovremmo agire: la prima direzione è quella di puntare fortemente sull'interezza dell'offerta da proporre ai viaggiatori riguardante tutto il territorio, la seconda sfida, la più grande, è avere accortezza massima all'originalità dell'offerta, originarietà che non può che trovare forza dalla nostra lunga storia ad una condizione imprescindibile: la rivitalizzazione e la ripopolazione del centro storico, che dovrà pulsare di vita propria, di proprie attività commerciali, artigianali o di moderna industria altamente tecnologica, oltre che di una spinta culturale autoctona. Solamente così Cortona potrà rivivere lo splendore che è suo proprio e che si perpetua quasi ininterrottamente da più di duemila anni.   

FABIO COMANDUCCI