L’Etruria

Redazione

Il giovane Gaspare Romiti tra leggenda e storia

“Gasparino”, una promessa del ciclismo italiano che, per amore e per lavoro nell’ azienda familiare, appese la bicicletta al chiodo.

Il giovane Gaspare Romiti tra leggenda e storia

Nello scorso settembre 2025, ho avuto il piacere di incontrare al Bar L’Angolo Cafè Menchetti Point di Camucia il giovanotto novantasettenne Gaspare Romiti. Come mostra la foto qui pubblicata aveva con sé alcuni ritagli di giornale del 1950 e due lettere dell’epoca scrittegli in grafia minuta dalla moglie , signora Marina Faragli, recentemente tornata alla Casa del Padre e  le sue due missive di dettagliata risposta.

Le lettere risalgono all’anno 1950 quando entrambi ventenni si frequentavano come fidanzati clandestini e gettavano le basi della loro bella e lunga unione matrimoniale che, nel 2023, li ha visti celebrare le Nozze di Titanio come allora raccontato in un lungo articolo sul nostro giornale.

Per la storia essenziale di questo noto ed eccellente imprenditore cortonese (nato a Montecchio del Loto nel 1928 e  che ha costruito diversi palazzi  della nostra Camucia, di Arezzo, di Firenze  e di altre zone  d’Italia) rimando al mio articolo di due anni fa , ancor oggi leggibile al link https://www.letruria.it/territorio/montecchio-di-cortona-nozze-di-titanio-9335 .

In quell’articolo ci sono diversi accenni alla sua storia di giovane promessa del ciclismo italiano con essenziali racconti della sua storia di ciclista dilettante arrivato al secondo posto nel Campionato Toscano del 1950. Un anno di grande impegno, di vittorie importanti, ma anche di leggendarie lotte e sfide con un altro coetaneo montecchiese. Un suo avversario che ad ogni gara gli contendeva la vittoria con lotta sportiva condita spesso di quella rivalità  paesana toscanaccia che prendeva di mira la sua fiammante bici che ogni anno gli inviava la Vilier Triestina.  Coincidenze sfortunate , come quella del raggio rotto alla ruota posteriore, che, assieme alla non collaborazione della sua squadra, la Tempora di Bettolle, nell’ultima tappa, gli impedirono di vincere il Campionato Toscano per dilettanti. Avversari finti amici e molto invidiosi che, mossi dai “rosicamenti” dovuti alle sconfitte subite , come Gaspare mi racconta, misero in atto, in quel memorabile anno della leggendaria gioventù sportiva  del Romiti,  anche comportamenti sociali strani, che arrivarono all’aperto  corteggiamento della sua fidanzata Marina nelle serate festive di ballo e divertimento popolare nelle case contadine di allora di Montecchio e dintorni.

Naturalmente il costume sociale di allora non permetteva ai giovani di frequentarsi liberamente come oggi e i loro primi passi di fidanzamento erano clandestini ed affidati alle mitiche lettere manoscritte  che sigillavano le loro promesse d’amore inframmezzate di frasi di vita quotidiana e di informazioni relative alle gare sportive che il Gaspare ( “Gasparino” per la Marina e gli amici montecchiesi e camuciesi) vinceva a gogò in solitaria, senza compagni di squadra ed anzi, come mi racconta, con l’invidia di qualcuno, che arrivava sempre dietro di lui, anche se poi, nel 1951, passò tra i ciclisti italiani professionisti, mentre lui per amore di Marina, che poi sposerà nel 1953, appende la bicicletta al classico chiodo , restituendo addirittura la nuova bicicletta che, puntualmente, la Vilier Triestina gli faceva arrivare ogni anno e che gli aveva donato anche per il 1952.

Nelle lettere che Gaspare ha cortesemente voluto leggermi mentre eravamo seduti a sorseggiare il buon  Caffè del Menchetti Point (e che mi ha fatto rileggere ancora quindici giorni fa nella sua bella casa di Montecchio dove ero andato a far visita di cortesia al figlio ingegner Alfio)  con lo stile tipico della corrispondeva di quegli anni del dopo guerra, Marina gli racconta cosa gli sta facendo un suo giovane collega ciclista dilettante. E lo mette in guardia dagli atti sleali contro la sua nuova bicicletta e gli dichiara la scelta d’amore definitiva per lui.  Gaspare risponde confermando la sua corrispondenza d’amore e la sua volontà di sposarla al più presto, naturalmente anche rassicurandola sulla sua conoscenza delle azioni sabotatorie alla sua bicicletta, che, spesso, lasciava in manutenzione al mitico meccanico Rubens Schippa di Camucia, coadiuvato in bottega dal suo giovanissimo figlio Gino, che poi diventerà anche lui una singolare e simpatica figura della vita sociale e politica camuciese del Novecento.

Molti e dettagliati sono i racconti di Gaspare sulle importanti gare dilettantistiche cui egli partecipa e vince a partire dal 1947 e in quel leggendario anno 1950, quando mentre è in testa ad un importante gara dilettantistica rinuncia alla vittoria per correre dalla sua donna.

 “ Potevo vincere a gamba zoppa la gara aretina delle due valli (ndr:Valtiberina e Valdichiana, from Arezzo to Arezzo) - mi racconta Gaspare- se mentre ero  in testa e con grande vantaggio alla salita di Foiano, dopo aver staccato tutti nel tratto Città di Castello-Cortona, non avessi abbandonato la gara per tornare indietro fino a Manzano, dove Marina era venuta ad applaudirmi, per chiederle  di sposarmi. Avevo circa cinque minuti di vantaggio e al secondo, che incrociai verso Farneta tornando all’indietro, dissi che doveva andare lui a vincere e poi di riportarmi la borsa perché io andavo dalla mia donna”.

Ci vorrebbe un intero giornale per trascrivere tutti questi suoi aneddoti di campione del ciclismo dilettante di allora. Ne riporto solo due perché è giusto che rimangano a futura memoria.

Ecco il primo: “ Nella Firenze-Rimini, con la bicicletta che aveva un raggio rotto da qualche mio invidioso collega- mi racconta Gaspare-  riuscii ad allungare nella salita della Consuma e quindi fermarmi un minuto per aggiustare il raggio che altrimenti in discesa non mi avrebbe creato bruti problemi. Il raggio da me piegato alla meglio e  fissato su quello vicino resse sia in discesa che nel tratto dell’arrivo, permettendomi cosi di arrivare primo e prendere punti molto utili  per il Campionato Toscano”.

Nella lettera che  mi fa leggere, Marina le scriveva: “ attento che quell’invidioso ti ha rotto un raggio della ruota per farti cadere durante le discese. Lui mi viene sempre a cercare e mi dice di lasciarti, ma io gli ho risposto che voglio sposare solo il mio caro Gasparino”.

Siccome allora le lettere viaggiavano a passo di lumaca come oggi, le parole di Marina arrivano a Gaspare qualche giorno dopo la gara e lui così le rispondeva: “ Grazie mia dolce Marina. Anch’io voglio sposare solo te che sei il mio unico amore. Riguardo a quell’invidioso  stai tranquilla che mi sono accorto della manomissione e subito dopo la gara l’ho sistemato con due “tufoni” sulla faccia e due “gomitate” sullo stomaco. Credo che la prossima volta ci penserà due volte prima di avvicinarsi di nascosto alla mia bicicletta”.

Il secondo aneddoto riguarda la sua ultima gara in bicicletta. “ Siamo nel 1951- mi dice Gaspare- l’anno in cui faccio l’ultima gara in bicicletta prima di appenderla al chiodo per amore di Marina, che poi sposerò il 19 aprile 1953. Si tratta della Coppa Bardelli , una gara in salita che si svolgeva a Valiano. Anche se la sera prima ero stato a ballare con Marina fino a mezzanotte, la vinsi con grande facilità. Fu la mia ultima gara e , dopo aver ricevuto il premio, decisi di smettere di fare il ciclista, di andare a lavorare con i miei fratelli nel settore edile e di mettere su famiglia con la mia amata Marina Faragli, che tra i tanti doni , mi ha regalato Alfio, un bravo figlio ed un eccellente, stimato professionista ingegnere”.

Grazie, Gaspare, per questa bella e simpatica chiacchierata e tanti cari auguri di mantenerti sempre giovanotto attivo ancora a lungo. Senz'altro ci  troveremo ancora spesso a prendere un buon caffè nei bar di Camucia, ma intanto permettimi di offrire ai nostri lettori il tuo palmares di giovane promessa del ciclismo italiano, che appese la bicicletta al chiodo per amore e per lavorare a tempo pieno nell’azienda edile familiare. Un’azienda che è stata la tua grande e decisiva vittoria di vita e di imprenditore cortonese di successo.

Il palmares di Gaspare Romiti: la sua prima gara in bicicletta è del 1947 ed arriva secondo dietro a tale Masetti; nel 1948 partecipa a diverse gare dilettantistiche come tesserato dell’Enal di Arezzo e vince ben cinque competizioni, ma all’importantissimo Giro del Casentino è secondo dietro Luciano Frosini; nel 1949 viene ingaggiato dalla Tempora di Bettolle e vince ben sei importanti gare  delle tante disputate, al Giro del Casentino è quarto causa crampi alle gambe arrivati improvvisamente  a centocinquanta metri dal traguardo quando era in testa e già pregustava la vittoria; gli anni 1950 e 1951 sono quelli in cui Gaspare vince  sedici gare e colleziona ben ventisei secondi posti; tra le vittorie sono epiche quelle della Coppa Bologna, del Gran Premio Lavoratori Primo Maggio svoltosi a Livorno e la gara di velocità al Circuito di Spoleto dove batte il campione italiano Enzo Sacchi e il campione olimpionico Renato Perona; sempre in questi anni ottiene numerosi terzi posti e vince innumerevoli Traguardi a Premi sia in denaro sia in generi alimentari come vino, olio e prosciutti. Nel 1952, come sopra ricordato, Gaspare chiude con il ciclismo, rinunciando a passare tra i professionisti e , dopo essersi messo a lavorare nell’impresa edile familiare, si sposa e poi, in pochi anni, si mette in proprio, lavorando con passione e competenza tanto da meritare nel 1981 il Premio Nazionale Oscar dell’Edilizia. Senz’altro la più importante vittoria del “Gasparino” che tra leggenda e storia in questo articolo ho cercato di raccontare ai nostri cari lettori.

Nella foto-collage di corredo, Gaspare Romiti seduto al noto bar camuciese L’Angolo di Menchetti, con i suoi documenti sulla sua interessante e leggendaria vita di giovane ciclista dilettante nella Cortona e nell’Italia post-seconda guerra mondiale. Una attività sportiva piena di sacrifici, ma che gli tornerà molto utile per diventare un imprenditore edile cortonese  di successo. Le altre due immagini  sono riprese da giornali d’epoca, che ancora Gaspare conserva gelosamente sulla sua scrivania a Montecchio.

Ivo Camerini