L’Etruria

Redazione

Camucia ricorda il "figlio adottivo Pantera”

In alcuni capannelli di persone del primo mercato freddo, giovedì  20 novembre, molti i camuciesi che hanno avuto parole di memoria e nostalgia per l’abituale presenza gioiosa di Giovanni Barbato

Camucia ricorda il "figlio adottivo Pantera”

Giovedì 20 novembre , nel primo mercato freddo e piovigginoso di questo autunno camuciese, ho avuto occasione di partecipare a diversi capannelli di gente che, sostando nei pressi dei bar o sotto qualche pensilina di via Lauretana, ricordava la gioiosa e simpatica presenza di Giovanni Barbato , detto il “Pantera”, rimpiangendone la mancanza.

Davanti alla storica edicola in Piazza XXV Aprile,assieme ad altri, così lo ricordava  il titolare Paolo Ghezzi: “ In questi giovedì pieni di tempo uggioso ci manca molto l’abituale presenza del “Pantera”, figura gioiosa e indimenticabile degli ultimi quarantenni camuciesi. Giovanni Barbato, che aveva cominciato a frequentare i nostri mercati quando era ospite del Cam è stato una presenza importante per i luoghi di vita camuciese, dal mercato alla stazione, ed oggi, ad un mese e mezzo dalla sua improvvisa morte , ne sentiamo la mancanza e vogliamo ricordarlo attraverso le nostre conversazioni da affidare a L’Etruria non solo per colmare un po’ il vuoto che la sua assenza ci lascia, ma soprattutto per un ricordo e saluto pubblico e mandargli i nostri saluti ovunque si trovi e chiedergli  di venirci a trovare in sogno portandoci i suoi famosi e azzeccati numeri del Lotto”.

In Via Lauretana, alcuni camuciesi leggono e commentano ad alta voce un testo pubblicato sui social il giorno dopo la sua morte da Fiorella Gostonicchi e  che qui riportiamo integralmente : “ 'Il Pantera'! Non era un ferroviere ma nella sua testa lo era a tutti gli effetti. Dotato di fischietto ad ogni stazione dava il via al convoglio insieme al capotreno. Si era fatto tutti i turni 'di lavoro' e da mattina a sera viaggiava sui convogli, specialmente della linea tra Chiusi e Firenze, chiedendo i biglietti ai viaggiatori, invitandoli a riporre le valigie sugli appositi stipetti e soprattutto brontolando e arrabbiandosi di brutto con chi metteva i piedi sui sedili o attraversava i binari. Dava informazioni sugli orari e sulle fermate alle stazioni che conosceva a menadito. Il fratello tutti gli anni gli pagava l'abbonamento annuale e i treni erano diventati la sua casa. La sua figura con il tempo è diventata popolare sia tra i pendolari che tra i tanti ferrovieri in servizio che spesso non mancavano, alle stazioni, di offrirgli un caffè. Ogni capotreno e ogni macchinista di quella linea conosceva e amava il Pantera. Sempre gioviale, tantissimi viaggiatori quando lo vedevano sul treno lo chiamavano per fare due parole mostrandogli il biglietto oppure chiedendogli di non fargli la multa e sovente sentivamo dire: "vai, oggi c'è il Pantera, si arriva in orario certamente". Bellissimo poi quando faceva i treni degli studenti e questi addirittura, per la sua somma gioia, gli facevano il coro "Pantera uno di noi!" Si chiamava Giovanni Barbato e se n'è andato prematuramente a 61 anni dopo una vita molto, troppo, travagliata e complicata che per descriverla ci vorrebbe un libro. Oggi pomeriggio i funerali nella sua Bucine (AR) e il feretro sarà accolto all'uscita della chiesa dalle persone ognuna con un fischietto da capotreno. So che ci saranno anche tanti ferrovieri specie del viaggiante, anche loro con il fischietto di dotazione, a salutare il compagno di tanti viaggi e questo post era doveroso verso i tanti altri colleghi che negli anni lo hanno conosciuto, gli hanno voluto bene e hanno portato i treni a destinazione insieme a lui. Vai Pantera, dovunque andrai continua a far mettere giù i piedi dai sedili della carrozza, sudici e zozzi che non sono altro!”.

In Piazza Sergardi, davanti all’Extrabar di Gabriele e Laura, un piccolo gruppo di persone ricordava Giovanni con un altro testo apparso sui social, quello del caro amico  Santino Gallorini, che così scriveva il primo di ottobre: “Ciao PANTERA, "Capotreno ad honorem", che per tanti anni hai fischiato in tutte le stazioni tra Firenze e Chiusi, "aiutando" il capotreno di turno nell'incarrozzamento dei passeggeri. Il giovedì andavi al mercato di Camucia e ti industriavi con piccole incombenze, per raggranellare qualche soldino. Eri astuto e trovavi intelligenti escamotage per convincere la gente a fare quello che volevi. I Ferrovieri (la maiuscola è d'obbligo) ti hanno voluto bene e spesso condividevano con te colazioni o altri momenti di relax. Avevi pacchetti di biglietti usati, ma non credo che tu ne abbia mai acquistato uno ... semmai con i soldi ci acquistavi qualche "gratta e vinci". Persisti nel fischiare tra le stelle, continuerai a trovare chi ti vorrà bene”.

Un ferroviere in pensione, presente in questo capannello, così mi affida il suo saluto per il Pantera: “Ciao Giovanni, anche se non potremo più sentire il tuo fischio, resterai per sempre nel cuore di tutti i Ferrovieri che Ti hanno voluto bene”.

L’Etruria si unisce volentieri e con grande affetto a questo ricordo del mitico Giovanni, " figlio adottivo" di Camucia e dintorni, figura singolare e bella delle terre cortonesi ed aretine.

Ivo Camerini