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Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: unite per una rivoluzione culturale contro la violenza psicologica, cancro dell’anima

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: unite per una rivoluzione culturale contro la violenza psicologica, cancro dell’anima

Quasi 80 le donne uccise nel 2025, 67 i tentati femminicidi e in due casi su tre il colpevole è l’ex marito o l’ex compagno

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne,  istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999, propone ogni anno una riflessione urgente e oltremodo necessaria sul fenomeno. Nata in memoria delle sorelle Mirabal, attiviste politiche della Repubblica Dominicana assassinate nel 1960 dalla dittatura di Rafael Trujillo, oggi il 25 novembre risuona principalmente per il numero crescente di femminicidi: quasi 80 le donne uccise in Italia in undici mesi, 67 i tentati femminicidi e in due casi su tre il colpevole è l’ex marito o l’ex compagno. Se la violenza fisica mette fine alla vita delle donne, quella economica spiana certamente la strada ai maltrattamenti.

Di cruciale importanza l’iniziativa di Regione Liguria che per la prima volta ha istituito un reddito di libertà destinato alle donne vittime di violenza

Si tratta di un sostegno economico di 500 euro al mese per uno-tre anni, con una dotazione iniziale di 100mila euro, per aiutarle a riconquistare autonomia e sicurezza. La legge, approvata all’unanimità dall’assemblea regionale, nasce da una proposta di Alleanza Verdi e Sinistra ed è stata sostenuta da tutti i gruppi politici perché la difesa delle donne non ha colore e l'obiettivo è spezzare la catena della dipendenza economica. Bisogna comunque fare i conti con la violenza in tutte le sue forme e comprendere che non è fatta solo di coltellate, di spari o di botte. La violenza fisica, infatti, è quasi sempre l’ultimo atto di un percorso che comincia molto prima, con la violenza psicologica. È quella che logora lentamente, che svuota dall’interno, che trasforma le donne in ombre di se stesse.

La violenza psicologica vero e proprio cancro dell’anima: serve una rivoluzione culturale

Ecco perché quando ci si chiede ingenuamente “perché restano con certi uomini?”, la risposta è che spesso non sono più le stesse donne di prima: sono state piegate da narcisisti patologici o maligni che le hanno rese prigioniere e annientate sul piano psicologico. La violenza psicologica è infatti un vero e proprio cancro dell’anima, e da qui dobbiamo partire se vogliamo davvero cambiare le cose. Serve una rivoluzione culturale, capace di smontare modelli tossici e di costruire invece relazioni sane, fondate sul rispetto. Solo così potremo ridurre davvero il numero delle vittime e dare un senso concreto a questa giornata.

La violenza psicologica degli uomini sulle donne comincia presto

Già negli anni delle superiori, con le prime storie. E se non si ha una cultura familiare di base che permette di distinguere tra un’attenzione, un sopruso e una violenza, si rischia di cadere fin da giovanissime tra le braccia di un narcisista patologico che vuole soltanto sottomettere. Al liceo capivo che Marta si era nuovamente fidanzata perché arrivava a scuola senza trucco. Non eravamo quelle amiche che si frequentano anche fuori dalla scuola, però il nostro era un rapporto affettuoso e fatto di complicità nate durante le interrogazioni e i compiti in classe. Così le chiedevo come mai all’improvviso si presentasse a scuola senza ombretto e rossetto. C’era una buona confidenza tra noi che mi permetteva una domanda di questo tipo senza rischiare una risposta troppo seccata. In realtà io la risposta la conoscevo già perchè, dopo quattro anni in classe insieme, non era la prima volta in cui assistivo ad analoghe trasformazioni estetiche.

“Mi sono rimessa con Paolo e lui mi preferisce così, acqua e sapone"

A quel punto cominciavo ad innervosirmi, ma gli occhi pieni di felicità della mia amica mi impedivano una reazione a dir poco scatenata. Provavo allora, con una minima dose di diplomazia, a rilanciare con un’altra domanda. “Ma tu come ti preferisci, Marta?”. “Con un po’ di trucco, ma Paolo è più contento così. Sai, dice che le ragazze, specie se sono carine, stanno meglio al naturale, senza tanti orpelli”. Mi domando che cosa ne abbiamo fatto della storia degli Egizi, che a scuola ci hanno fatto studiare fino alla nausea, e mi chiedo come siamo passati dalla loro cultura che vedeva nel trucco e nella cura della persona un elemento importante anche nelle classi meno abbienti, a questa sottocultura maschilista dell’’acqua e sapone’. Salvo poi aprire qualsiasi social che mette in bella mostra ragazzone mozzafiato con notevoli quantità di trucco.

Il maschio Alfa che ci vuole senza rossetto è sempre in agguato

E mi domando anche come mai dal 1986 - i miei anni del Liceo - ad oggi poco o nulla sia cambiato. Come se fosse impossibile per una donna essere semplicemente quello che è. Ad esempio Antonio, ai tempi un gran bel tipo, molto simpatico e che riscuoteva ovunque un notevole successo presso il pubblico femminile, era un altro esempio di maschio patologico. Quando mi aveva chiesto di uscire per un gelato, sì, ai tempi si usciva il pomeriggio, avevo risposto con una certa dose di entusiasmo e di soddisfazione. Il gelato era ottimo, lui molto carino, ma poi la sua maschera è rovinosamente caduta a terra. “Perchè non provi a uscire senza rossetto? Secondo me staresti meglio”. Eccolo lì, il maschietto Alfa che prova a dire - a dirci - come ci dobbiamo truccare o non truccare, vestire e pettinare per piacere a lui e per adeguarci al suo personalissimo modello femminile. “Non ci penso nemmeno! Io adoro il rossetto e me lo metto. Se tu preferisci una ragazza senza rossetto cercati una che non se lo mette”.

“Meglio se stai a casa che a lavorare e a portare i soldi necessari ci penso io”

Certo è che non scatta nessuna denuncia in questi casi, ci mancherebbe, non è mica un reato esprimere la propria opinione, anche se sotto sotto c’è un’implicita richiesta ed un malcelato desiderio di imporsi. Quello che in certe situazioni deve scattare in noi donne, invece, è quel famoso campanello d’allarme che deve metterci in guardia. Si comincia con il rossetto, poi non vanno bene la gonna, i tacchi, la cena con le amiche. Da qui ad arrivare a “Meglio se stai a casa che a lavorare e a portare i soldi necessari ci penso io” è un attimo. E purtroppo non è affatto esagerato un ragionamento di questo tipo. Certo, è più facile comprendere la violenza se una persona ci prende a botte, molto più difficile riconoscere una relazione tossica in grado di minare il nostro benessere. Può capitare anche sul lavoro, naturalmente, e succede molto più frequentemente di quanto si possa pensare.

Viviamo in un paese maschilista, profondamente e culturalmente maschilista

La violenza psicologica è un cancro dell’anima che si insinua lentamente e che, proprio come il cancro, se preso troppo tardi non lascia scampo. Non c’è solo l’omicidio, si può essere uccise lentamente giorno dopo giorno senza che neppure ce ne accorgiamo. La privazione della libertà personale barattata con uno pseudo amore è quanto di più terrificante possa esserci e noi donne rischiamo spesso di caderci. Viviamo in un paese maschilista, profondamente e culturalmente maschilista. Dove quello che molti pensano sia amore non è altro che una forma perversa di possesso. Più leggo le storie e le testimonianze di donne che subiscono o hanno subito violenze fisiche e psicologiche e più mi convinco che bisogna fare qualcosa. E quando dopo l’ennesima donna uccisa dall’ex appena lasciato leggo commenti ‘contro’ la vittima del tipo: “Eh ma perchè non se ne è andata” “Ma perchè non lo ha denunciato” “Bisogna rendersi conto di chi si ha accanto”, faccio fatica a rimanere calma.

C'è un’unica cosa che noi donne possiamo fare: una vera e propria rivoluzione culturale che ci deve vedere tutte unite

Non è difficile comprendere che la violenza psicologica perpetrata quotidianamente annienta nel profondo e fa in modo che la vittima sia totalmente soggiogata dal suo carnefice ed impossibilitata a reagire. Ovvio che dall'esterno certe situazioni sembrano impossibili da tollerare, ma bisogna considerare che la nostra facoltà di giudizio non è in quel momento compromessa come lo è invece quello della donna in pericolo. Talmente in pericolo che non se la sente neppure di andare a sporgere denuncia, nel timore di poter addirittura peggiorare la situazione. E allora c'è un’unica cosa che noi donne possiamo fare: una vera e propria rivoluzione culturale che ci deve vedere tutte unite. Dobbiamo cambiare noi affinché si modifichi anche la forma mentis di tutti i maschilisti. Siamo anche noi che dobbiamo imparare a riconoscere i segnali di pericolo, a casa e sul lavoro. Siamo sempre noi che dobbiamo trovare la forza ed il coraggio di chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno e prima che sia troppo tardi. E siamo anche noi che dobbiamo dare voce e strumenti alle nostre mamme, figlie, sorelle, amiche. 

'Sei bellissima': quando un complimento diventa strumento di potere

I modelli che ci circondano sono quasi sempre a nostro sfavore: al di là delle connotazioni politiche, se l’uomo più potente del mondo si sente autorizzato, in un contesto ufficiale, ad apostrofare il Presidente del Consiglio chiedendole se può dirle che è bellissima, pare evidente che la strada da fare è ancora lunga e tutta in salita. Nel nostro quotidiano dobbiamo provare a pretendere lo stesso trattamento degli uomini: se continuano a chiamarci signora anzichè dottoressa o ingegnere o avvocato, cosa che non farebbero mai con un uomo, dobbiamo ribellarci. Così come per gli stipendi inferiori a parità di incarico. È anche necessario fare squadra perché è importante agire tutte insieme, parlare e confrontarci. Molto spesso vincono la paura e l’imbarazzo ed è per questo che siamo noi donne a dover tendere la mano alle nostre sorelle in difficoltà.

Dobbiamo tutte imparare ad osservare, ad ascoltare, a decifrare i segnali che gli uomini ci mandano

Interrompere immediatamente qualsiasi relazione ci appaia tossica fin da subito, sia di tipo sentimentale, sia di tipo lavorativo. La violenza psicologica mina la nostra forza interiore ed è per questo che bisogna saperla riconoscere subito per scappare quando siamo ancora in tempo. Inutile credere, dopo il primo schiaffo, alle scuse e alle promesse di cambiamento perché le persone violente non cambiano, possono soltanto peggiorare e nutrirsi della nostra debolezza per distruggerci lentamente. Nessuno deve imporci questo o quel trucco, questo o quel lavoro. Siamo in grado di decidere da sole come muoverci nel mondo. Siamo in grado di decidere da sole chi siamo e come siamo. Che gli uomini se ne facciano una ragione e che facciano anche pace con il loro ego. L’unica scelta valida per noi donne è la libertà di scegliere. 

P.S. Marta ha lasciato Paolo. E’ felicemente sposata da molti anni e altrettanto felicemente si mette sempre il rossetto.

Rosella Schiesaro©

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