L’Etruria

Redazione

Metti una mattina ad Arezzo con don Alvaro Bardelli

Metti una mattina ad Arezzo con don Alvaro Bardelli

Nei giorni scorsi, essendo in Arezzo di prima mattina per questioni burocratiche , dopo averle assolte, verso le nove e mezza ho avuto il piacere e l’onore di passare due belle ore con il mitico don Alvaro Bardelli, l’amato e santo sacerdote rapito alla Chiesa  cortonese dagli aretini circa trent’anni fa.

Siccome gli uffici burocratici da cui uscivo a quell’ora si trovano nei pressi del Duomo, mi ero portato dietro un piccolo pacchetto di documenti che riguardavano la sua e la mia gioventù di studenti coetanei al Vagnotti di Cortona e , nella speranza di incontrarlo per una consegna brevi manu, ho avuto la fortuna di incrociarlo in Duomo mentre stava uscendo per una visita ai lavori di restauro  in corso nella Chiesa della Pieve, la sua parrocchia d’elezione da circa vent’anni, dopo essere stato parroco della Cattedrale di Arezzo, che ancor oggi continua a servire come canonico e monsignore.

Nel vederlo, siccome gli portavo in dono gli originali dei compiti di esame finale della quarta ginnasio da ambedue superati con ottimi voti, non potevo non salutarlo in lingua latina viste le grandi sudate giovanili che insieme avevamo fatto sulle famose versioni scritte: “Revendissimus ac eminentissimus frater, quid agis? “ ( Caro amico fraterno come stai?). La sua risposta è stata immediata e nella stessa lingua: “ Optime, frater Cortona care. Gaudeo te videre. Si tempus habes, cum ad ecclesiam Pievensem eo, me comitari potes? “ ( Bene , caro fratello cortonese. Mi fa piacere vederti. Se hai tempo, siccome sto andando alla Pieve, mi accompagni?). “Certe, magna cum voluptate” ( Certamente, con grande piacere) ho risposto e, consegnati i documenti giovanili che ci hanno riportato per un momento alla nostra condizione di studenti in gamba e appassionati delle humanae litterae, siamo andati a piedi alla Pieve, ricordando le nostre camminate veloci di diciottenni e, ora lento pede, abbiamo ricalpestato le antiche pietre dei vicoli medievali tra il Duomo e la Chiesa di Santa Maria Assunta, cioè la storica chiesa battesimale altomedievale della cristianità aretina del quinto secolo, poi demolita e ricostruita  nelle attuali forme romaniche attorno alla metà del dodicesimo secolo e dotata di quell’imponente e caratteristica torre campanaria, detta delle “cento buche” , che ancor oggi, seppur molto segnata dal tempo edace, fa bella mostra di sé , stagliandosi bella  nel sempre azzurro cielo di Arezzo.

Nel breve tragitto abbiamo incontrato diverse persone e, vedendo che tutti  lo hanno salutato  e chiesto di come stava e di ricordarli al Signore, ho constatato quale grande regalo abbiamo fatto agli aretini e quale grande perdita per Cortona (e la sua chiesa) sia stata la sua partenza avvenuta negli anni 1990, se non ricordo male.

Arrivati alla Pieve è stato sommerso da saluti affettuosi e familiari, quasi come un paterfamilias e anche gli architetti e i titolari delle ditte impegnate  negli attuali lavori di restauro lo hanno accolto più come un collega e amico che come il mandatario degli incarichi lavorativi.

Appena arrivati, Alvaro si è portato subito  in sacrestia e al tavolo, già pieno di fogli con i disegni e i rendiconti dei lavori in corso, ha ascoltato la relazione sullo stato dei medesimi, ha valutato i minimi dettagli di progetto, lo stato di avanzamento  ed ha  concordato i necessari tempi di conclusione con professionisti ed imprese:  l’architetto Lorenza Carlini ( progettista e direttore dei lavori),  Sandro Ceccolini ( staff di restauro e direzione operativa),  l'ingegner Michelangelo Micheloni ( progetto strutturale),  l'ingegner Parisi (responsabile sicurezza), la dottoressa Serena Nocentini ( consulente storica dell'arte per la redazione del progetto) e con Massimo Capannini (titolare dell'impresa che fa i lavori, supportata da una squadra di sei  restauratori qualificati).

Compreso che ero testimone di un momento di azione gestionale importante della sua attività parrocchiale, mi sono subito calato nei miei panni di giornalista di strada e ho scattato alcune foto del suo sopralluogo ai lavori di grande, fondamentale cura per la storica chiesa di Arezzo.

Dopo le foto in sacrestia ed esserci muniti degli obbligatori dispositivi di protezione e sicurezza  sui luoghi di lavori, che avremmo tolto solo per scattare quattro/cinque  foto ricordo, l’ho seguito nel suo tour di appassionato (e competente anche sul piano tecnico) della storia dell’arte cristiana nella sua visita alla facciata a salienti in pietra arenaria della Pieve, arricchita, se non ho visto male, da monofore, bifore, archetti pensili, colonnette varie (forse lesene e paraste?), contrafforti vari e sculture decorative simboliche. Dopo i rimaneggiamenti cinquecenteschi di Giorgio Vasari, mi sembra di aver capito che questi lavori di restauro, che dovranno essere terminati attorno al prossimo cinque di dicembre, sono di una straordinaria importanza e voluti con grande impegno  e cuore dallo stesso don Alvaro, che in questi ultimi anni non si è risparmiato nell' incalzare con i suoi solleciti le istituzioni preposte e il variegato mondo politico aretino e nazionale.

Ricordando le sue memorabili imprese di restauro svolte quand’era parroco cortonese  a Pierle e al Santuario del Calcinaio, sono sicuro che anche questa volta ci ha rimesso molte ore di sonno e non solo di preghiera e di severa amministrazione parrocchiale.

In questa visita ho rivisto ancora una volta la ricchezza culturale, la proverbiale  capacità pastorale e amministrativa già in essere nel giovane seminarista Alvaro e mi sono confermato nella convinzione che non bisogna mai dimenticare che ogni giorno con le proprie azioni si può fare la differenza. Quella differenza che ho apprezzato anche nella piccola e sapiente azione di raccolta di alcuni frammenti di pietra arenaria staccatesi da un capitello messa in atto dal bravo imprenditore Capannini, che se li è messi in bisaccia per una adeguata ricollocazione.

Il giovanotto settantenne don Alvaro (ancor oggi " garzoncello scherzoso" di nostro Signore ,così come lo era negli anni mitici degli studi liceali ), con il suo sguardo attento e con il suoi scrupolosi consigli sui lavori in corso,  mi ha dato ancora una volta testimonianza della sua grande persona di qualità, di sacerdote  innamorato di Arezzo e degli aretini tutti.

Terminata la visita alla Pieve, ho salutato le gentilissime dottoresse Carlini e Nocentini, l’ imprenditore Capannini e i suoi colleghi e riaccompagnato don Alvaro alla sua casa dietro il Duomo.

Nel salutarlo, non ho non potuto aggiungere:  “Grazie per avermi portato a godere della seduzione cristiana che sprigiona dalle pietre di un monumento simbolo dell' età d' oro dei cristiani aretini. Grazie per avermi regalato ancora una volta due ore di grande amicizia e testimonianza del tuo prezioso sapere, del tuo saper fare e della tua vita di buon pastore di anime in questi tempi di un mondo nuovamente fuori dai gangheri. Vale usque dum! ( Ciao a presto!)" .

Nella foto- collage di corredo, don Alvaro nella riunione di lavoro con i responsabili dei lavori di restauro della Pieve di Arezzo.

Ivo Camerini